ZINGARI

Prima dei comunisti erano loro, gli zingari, a essere accusati di “mangiare bambini”. Stigmi così servivano per terrorizzare le persone non zingare, impedire la convivenza e la mistura dei costumi.
Ovunque siano passati nell’ultimo millennio, dopo che arrivarono in Grecia nell’XI secolo e si sparsero per il vecchio continente, gli zingari dell’Europa Centrale e dell’Est hanno sempre convissuto con l’ostilità: dalla violenza esplicita a altre dimostrazioni xenofobe.
È un popolo che si sente come «recluso in una riserva, un ghetto dal quale non possiamo uscire perché non ce lo consentono», afferma Felipe Garcia Heredia, il primo zingaro a sollecitare l’ONU per il riconoscimento del suo popolo come tale. «Non siamo una minoranza etnica, siamo un popolo disperso». Ma senza che sia universalmente riconosciuto «siamo in pratica privi di protezione».
Tra le vittime delle grandi persecuzioni europee, c’è sempre stato un luogo extra per sacrificare gli zingari: dai roghi dell’Inquisizione ai campi nazisti. E nell’ora in cui si rilegge la Storia per fare giustizia, ci si dimentica di loro. Cinquecentomila sono morti nei lager nazisti, ricorda Heredia e «non ci hanno difeso, non ci hanno pagato un indennizzo, non ci hanno reso alcun omaggio postumo».
Nel 2004, con l’ampliamento a Est, l’Europa si è scoperta più zingara di quel che credeva: dei 12 milioni di zingari sparsi per il mondo, 8 milioni vivono nei confini dell’Unione Europea.
E emerge la situazione della loro vulnerabilità. Dei 150 mila zingari del Kossovo del 1999, oggi ne sono rimasti 20 mila. Il resto o è morto o è stato espulso o è stato vittima della pulizia etnica dell'ex-Jugoslavia.
In Grecia, recentemente, sono state espulse intere comunità zingare che vivevano nell’area scelta per costruire le strutture sportive delle Olimpiadi.
Un’indagine del 2003 indicava che gli zingari del Centro Europa e dell’Est soffrono un tasso di mortalità infantile, sottonutrizione e analfabetismo comparabili a quelli dell’Africa subsahariana.
I messaggi della Comunità Europea ai Paesi dell’Est sono già pervenuti. La creazione di ghetti o programmi di sterilizzazioni delle donne, come accade in Slovacchia, non sono più tollerati. Né che i bambini zingari siano obbligati a studiare in classi separate, come accade in alcuni paesi dell’Est.
Nel secolo scorso in Europa gli zingari sono stati espulsi dalla Germania, dal Belgio, dall’Italia e dalla Gran Bretagna (fonte Amnesty International). La conseguenza è una violenta cultura di discriminazione razziale e xenofoba, contro la quale i Paesi europei stanno facendo poco.
La richiesta di riconoscimento fatta da Heredia colma un vuoto millenario per le comunità che sembra abbiano origini diverse, con nomi che non hanno legame tra loro. Gli zingari sono originari dell’India (come si nota ancora oggi sia dal tipo fisico, nonostante le mescolanze intervenute, sia dai vari dialetti, detti neoariani, o indoeuropei orientali, cui si sono aggiunti elementi di varia origine — armeni, arabo-persiani, greci, rumeni) e là vengono chiamati bandgar, mentre in Grecia e in Spagna li chiamano gitani (corruzione del nome ‘egiziani’) perché si pensava erroneamente che arrivassero dall’Egitto. In Russia, in Turchia e in Macedonia li chiamano atzigan o zigan (da cui deriva il nostro ‘zingari’); in Gran Bretagna romani (da Rom, nome di una delle comunità più diffuse) o gipsies. Le cause che li spinsero a emigrare dall’India sono incerte; nel IX secolo li troviamo in Asia Minore, e cioè nei territori dell’impero bizantino; dall’Asia Minore si diffusero in Egitto e nell’Africa settentrionale, dalla quale passarono in Spagna in gran numero. Un’altra colonia di zingari si diresse verso l’Europa centrale, stanziandosi principalmente in Boemia. Secondo le cronache apparvero in Germania nel 1471; dalla Germania scesero anche in Italia (guidati da un certo Andrea), arrivando fino a Roma; molti si trasferirono in Grecia.
Per tutta l’Europa, a partire dalla zona danubiana, si sono sparse comunità Manush (dal sanscrito manusha, ‘uomini’), SintiKalìKalderashBurugoti. Le tribù sono organizzate in gruppi familiari, con un unico capo elettivo, che è guida, sacerdote, giudice. Permangono forti costumi matriarcali di chiara derivazione indiana: l’organizzazione familiare è matrilineare; è il marito che va a abitare presso la famiglia della moglie, e non viceversa; di grande autorità gode inoltre la cosiddetta “madre zigana”.
L’arte nella quale gli zingari eccellono è la musica; esperti soprattutto nell’arte violinistica e in quella dello zimbalon, con evidenti orme nell’arte popolare rumena e ungherese. Nella pratica musicale, le danze e le canzoni sono ornate dalla fantasia tzigana di ricami e di abbellimenti atti a mettere in risalto l’abilità tecnica dell’esecutore. Ne nasce una inclinazione al virtuosismo, temperato però dall’uso di un particolare “tempo rubato” e di procedimenti ritmici e melodici quasi intraducibili e assai difficili da fissare nella notazione musicale. La scala tipica, in uso ancora oggi, rivela le origini indiane: la base è do, re, mi bemolle, fa diesis, sol, la si, do, ma può accogliere numerose modificazioni nella distribuzione di toni e semitoni, esattamente come nella musica dell’India. Per quanto invece riguarda la letteratura degli zingari, non avendo una scrittura propria, è orale; vi sono improvvisazioni di versi, che cantano poemi, liriche d’amore, canti di imprese, e così via.
Fino al secolo XV gli zingari non furono perseguitati; vivevano esercitando i mestieri del calderaio, del ramaio, dello stagnaio, del cavallaro, del maniscalco; professioni nelle quali eccellevano e che continuarono a esercitare anche in seguito, e che taluni di essi praticano ancora ai giorni nostri. Altre attività largamente praticate dagli zingari, nel passato e nel presente, sono la chiromanzia, la farmacia empirica (come i filtri d’amore), la magia, e talvolta anche la ciarlataneria. A causa del loro nomadismo e della loro passione per le scienze occulte, vennero spesso accusati di essere in contatto con il demonio, di compiere orribili sacrifici umani, eccetera. Da queste accuse nacquero, a partire dal 1600, i processi contro gli zingari con relative impiccagioni e roghi.
Ovunque sono passati hanno lasciato influenze nel folklore, nelle danze, nei canti. È il popolo che ha insegnato agli spagnoli a gridare “Olè!”. Ma è un popolo che non viene ascoltato e non considerato ancora tale, soprattutto per il fatto che oggi molti zingari vivono di accattonaggio e furtarelli.