NO TAV

(a cura della redazione di arianuova.org)


Dal 2003 è in corso una precisa azione di resistenza organizzata per impedire la realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione — il cosiddetto TAV: Treno Alta Velocità — destinata al trasporto veloce delle sole merci, senza alcun vantaggio in termini di tempo per la percorrenza da Torino a Lione da parte delle persone fisiche: i treni destinati ai passeggeri continuerebbero a transitare nella linea storica e con le attuali tabelle di marcia.
Il movimento di resistenza, attivo in Val di Susa, ha preso quindi il nome di NO TAV, organizzando marce e fiaccolate di protesta (fra tutte si ricorda la marcia da Bussoleno a Susa del 16 novembre 2005, con circa 80.000 partecipanti — tenendo presente che in tutta la Val Susa ci sono 50.000 abitanti!), una serie di azioni di resistenza passiva e tre presidi permanenti: a Venaus, a Bruzolo e a Borgone Susa.

La progettazione del TAV, come vedremo, è un’opera inutile e dannosa, che i cittadini non vogliono, basata su un modello di sviluppo fortemente superato (il progetto risale infatti a vent'anni fa, quando forse poteva avere una qualche motivazione) che punta alla realizzazione di mostruose cementificazioni che ormai, nel terzo millennio, non hanno più alcun senso.
Perché allora la si vuole realizzare contro la volontà popolare (addirittura militarizzando la valle!), con una ostinazione morbosa, che parrebbe mostrare turbe psichiatriche? Semplice: si tratta di una colossale speculazione per quanti sono desiderosi di mettere avidamente le loro sporche mani su soldi pubblici: politici corrotti, burocrati, tangentisti, imprenditori avidi di affondare le grinfie sugli appalti con operazioni di dubbia trasparenza, organizzazioni mafiose interessate a trasformare la Valle di Susa nell’ennesimo immondezzaio pubblico.
Ma analizziamo, sia pur brevemente, punto per punto (su internet esiste una letteratura dettagliatissima, con documenti firmati da professori e specialisti, mentre presso i mass media tradizionali le informazioni sono come al solito occultate e pilotate).

La realizzazione del progetto TAV è un’operazione costosissima: il preventivo più recente ammonta a 17 miliardi di euro (34mila miliardi di vecchie lire, una cifra inaccettabile in tempi di crisi economica).
Secondo il progetto, la costruzione è destinata a durare per un periodo non inferiore ai 15 anni e presumibilmente superiore ai 20.
Finanziariamente è un disastro annunciato: perché vada in attivo, nella tratta dovrebbe passare un treno merci ogni 3 minuti per 24 ore al giorno. Per questo motivo, al momento nessun privato si è impegnato con investimenti concreti (banche e fondazioni comprese). La tratta dunque è costosissima e i soldi non ci sono. Gli unici soldi su cui si regge l’opera sono i finanziamenti europei: 600 milioni di euro di fondi europei (che, in definitiva, sono ricavati dalle tasse pagate dai cittadini dell’Unione Europea). E gli altri 16 miliardi e 400 milioni di euro, chi li mette? I cittadini italiani, come sempre!
Quindi, l’unico obiettivo di chi il TAV lo vuole è quello di sperare di agganciare la pioggia di finanziamenti europei per le grandi opere. Ma il CIPE, l’organismo europeo incaricato di distribuire i fondi italiani, ha già manifestato qualche seria intenzione di cancellare la tratta Torino-Lione dalle opere da finanziare allo Stato italiano, per una serie di motivi inoppugnabili (e che in parte elenchiamo qui di seguito), compresa la manifesta contrarietà dei cittadini: infatti, in democrazia, non si potrebbe portare avanti la realizzazione di una grande opera senza il consenso delle popolazioni e, anzi, in aperto contrasto con la volontà di quello che dovrebbe essere “il popolo sovrano”. Siamo quindi in presenza di una vera e propria truffa mediatica, una manovra speculativa ai danni di noi tutti (non solo degli abitanti della Val Susa, ma di tutti i cittadini italiani!).

Le gallerie da costruire sarebbero tre, per una lunghezza complessiva di 89 chilometri: una di 54, una di 12 e una di 23. L’appalto per la costruzione del tratto di 52 km è stato vinto da una ditta francese che lo ha subappaltato alla francese RockSoil... Andate a vedere chi sono gli amministratori e i loro legami di parentela con alcuni politici e tutto vi apparirà più chiaro.
Non si tratta di una questione di sinistra o di destra: l’opposizione dei sindaci della Valle di Susa è trasversale (come pure trasversale è l’interesse dei partiti politici a realizzare l’opera) e ogni persona di buon senso che sia informata sul problema non ha difficoltà a capire le ragioni del movimento NoTav.
Nonostante le amministrazioni locali della Val di Susa continuino a chiedere di essere ascoltate, i partiti (PDL, PD, UDC e la LEGA del finto slogan nordista: «Padroni a casa nostra», che ha ormai rivelato tutto il suo becero populismo fasullo e opportunista) non intendono minimamente ascoltarne le ragioni. È stata istituita una commissione, con relativo “osservatorio”, ma finora hanno potuto partecipare solo i pochi sindaci favorevoli all’opera. Il presidente della commissione (e dell’osservatorio), Mario Virano, riveste ruoli rilevanti all’interno di aziende coinvolte a vario titolo nel progetto del TAV: amministratore delegato uscente della Sitaf SpA (che gestisce l’autostrada A32 e il Traforo autostradale del Frejus) e consigliere di amministrazione dell’ANAS. Per questo i NoTav parlano di conflitto di interessi.

L’inutilità dell’opera è palese, perché non apporterà alcun beneficio (economico o altro) agli italiani: nella Val Susa esiste già una linea ferroviaria sotto-utilizzata che, secondo le stime ufficiali, è in grado di reggere il traffico richiesto almeno fino al 2050.
Peraltro, i dati ufficiali della stessa Sitaf mostrano una costante diminuzione del traffico pesante attraverso il traforo.
Uno studio più completo, effettuato da docenti del Politecnico e dell’Università Cattolica di Milano, mostra quanto quest’opera sia inutile e come sarebbe preferibile effettuare investimenti su altre direttrici di traffico che ne avrebbero invece bisogno.
Un altro studio, realizzato dalla società Polinomia srl, analizza nel dettaglio i traffici merci attraverso le Alpi e giunge al medesimo esito: l’opera è inutile. Tra l’altro, a pagina 5 di tale studio si legge che nel 2000 al valico di Tarvisio è stata completata una linea ferroviaria «rispondente a tutti i più moderni standard in tema di trasporto merci ferroviario». Nonostante ciò, il traffico su ferrovia non è aumentato, mentre il traffico su strada è aumentato del 14-15% medio l’anno.

E, soprattutto, la pericolosità per la salute è elevatissima. Le segreterie e i coordinamenti provinciali dei Vigili del Fuoco di Torino si dicono convinti che «l’opera, così come è stata progettata nel suo percorso di realizzazione, rappresenta un serio pericolo per la popolazione e per l’ambiente». Nella stessa nota mostrano forti dubbi sulla possibilità di garantire la sicurezza nelle gallerie in caso di incidenti.
I mezzi di informazione tradizionali insistono sul fatto che la linea ferroviaria sarebbe quasi tutta in galleria e che toglierebbe il traffico dall’autostrada riducendo l’inquinamento. Il problema è che le gallerie bisogna prima costruirle e che, nel caso specifico, l’impatto ambientale e sulla salute è gravissimo e i danni che causerebbe sono incalcolabili. Le tre gallerie previste dovrebbero attraversare rocce contenenti uranio e amianto che verrebbero dispersi nell’atmosfera in seguito ai lavori di scavo. Il massiccio d’Ambin, a ovest di Venaus, contiene uranio che, si ricorda, è un minerale radioattivo. L’amianto, invece, è presente nelle rocce che dovrebbero essere attraversate dalla galleria più orientale, sotto il monte Musiné. Qualunque geologo è in grado di confermarlo, come testimonia lo studio magistrale svolto dall'Università di Siena, peraltro commissionato da RFI (la società incaricata di costruire la parte italiana della nuova linea ferroviaria), ove si stima che dovrebbero essere estratti più di un milione di metri cubi di materiali contenenti amianto. Numerosi sono gli oncologi che descrivono la pericolosità dell’amianto presente nelle montagne che verrebbero attraversate dalle gallerie. Nei progetti non c’è il minimo accenno a un piano di messa in sicurezza dell’amianto estratto — è previsto semplicemente uno stoccaggio in valle a cielo aperto che, con i frequenti venti della Val Susa, verrebbe distribuito e respirato in tutta la cintura ovest di Torino e nella stessa città. Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, conferma che il rischio amianto non riguarda solo la valle di Susa ma si estende almeno fino alla prima cintura di Torino. Le malattie causate dalla respirazione di una sola fibra di amianto vengono diagnosticate 15 anni dopo l’inalazione. Dal momento della diagnosi la mortalità è del 100% e il tempo di vita medio è di 9 mesi.
Inoltre, a rappresentare nei tavoli istituzionali le ragioni del TAV c’è, fra gli altri, Paolo Comastri, direttore generale della società italo-francese LTF (“Lyon-Turin Ferrovière”) che dovrebbe costruire il tunnel, il quale nel primo grado di giudizio (depositato il 5 maggio 2011 presso la Cancelleria del Tribunale di Torino) ha ricevuto una condanna a 8 mesi di reclusione per turbativa d’asta, ovvero per avere cercato di pilotare l’appalto per la costruzione del cunicolo esplorativo di Venaus (una delle opere propedeutiche alla costruzione del tunnel). Le intercettazioni telefoniche sono accuratamente trascritte in rete e appaiono piuttosto esplicite.

Ma, come se tutto ciò non bastasse, l’impatto ambientale rischia di essere ancora più devastante: le gallerie intercetterebbero le falde acquifere che alimentano le sorgenti con il rischio di prosciugarle rapidamente, così come si è verificato con i lavori per l’alta velocità del Mugello. E gli stoccaggi dei materiali di scavo potrebbero aumentare il dissesto idrogeologico già presente nella Valle di Susa. Oltretutto, l’enorme quantità di materiale estratto dalle gallerie richiederebbe un numero impressionante di viaggi di autocarri, rendendo difficilissima la circolazione e aumentando in modo esponenziale l’inquinamento.
Nessuno sa cosa fare del materiale estratto, che verrebbe depositato qua e là nella valle degradando e rendendo invivibili ampie superfici.
La Val Susa è larga circa un chilometro: molto del poco spazio disponibile è già occupato da due strade statali, da una ferrovia e da un’autostrada, senza contare due elettrodotti internazionali. Chi non la conoscesse è invitato a visitarla: vi sono luoghi di grande bellezza naturistica e paesaggistica.
Informiamoci, appoggiamo chi protesta e, se possibile, mobilitiamoci in prima persona!

28 giugno 2011

 

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HANNO DETTO SUI NOTAV

 

«Non considero le azioni dei NoTav come terroristiche. Sono solo modi di farsi sentire visto che nessuno dà loro retta.» - Gianni Vattimo (filosofo)

 

«Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa.» - Erri De Luca (scrittore)

 

«In Val di Susa gli atti contro gli impianti del Tav fanno parte di una lotta civile e democratica profondamente giusta e come tali vanno compresi e giustificati.» - Giorgio Cremaschi (sindacalista)

 

«Dopo la criminalizzazione del movimento ora c’è anche la criminalizzazione di chi sostiene le ragioni dei No Tav. Come durante il fascismo siamo tornati ai reati di opinione». - Paolo Ferrero (politico)