I DIRITTI DELLE DONNE

«I diritti delle donne sono la cartina di tornasole della democrazia in tutti i paesi del mondo». Lo dice Khalida Messaoudi, scrittrice e parlamentare algerina, più volte minacciata dagli integralisti del suo paese. E, a guardarlo in quest’ottica, non sembra proprio che nel mondo ci sia molta democrazia.

Ma le donne non si chiudono nel vittimismo e si organizzano in tutto il mondo. Vale la pena anzitutto ricordare le Conferenze mondiali delle donne, organizzate negli ultimi trent’anni sotto l’egida delle Nazioni Unite.

La I Conferenza mondiale si svolse nel 1975 a Città del Messico. Essa svelò, grazie alle teorie dell’economista danese Boserup, come lo sviluppo, considerato storicamente neutro rispetto al genere, in realtà ha avuto un impatto differente sulle donne e sugli uomini. Si avvia in questo modo il percorso che porterà alla adozione della ‘Convenzione contro tutte le forme di discriminazione delle donne’ (Cedaw). Vera pietra angolare per i diritti delle donne, dal lavoro alla maternità, alla salute, all’istruzione, incontra ancora oggi difficoltà a essere applicata in molti paesi del mondo.

La II Conferenza mondiale avvenne nel 1980 a Copenhagen, e segnò il superamento delle stesse tesi di Boserup, troppo incentrate sul lavoro di produzione come determinante fondamentale della posizione delle donne nella società. Si capì che il lavoro riproduttivo non può venire isolato da quello produttivo.

La III Conferenza mondiale si tenne a Nairobi nel 1985, quando già le politiche neoliberiste stavano prepotentemente emergendo. L’inesorabile integrazione dei mercati genera sì nuove risorse di accumulazione e ricchezza, ma questo accade in un contesto di crescenti disuguaglianze, tra paesi e all’interno degli stessi, tra le donne e gli uomini, che ne restano coinvolti in forma differente. Il numero delle donne che vivono in povertà cresce a dismisura. In sintesi, le donne risultano più vulnerabili alla povertà cronica a causa delle disuguaglianze di genere nella distribuzione del reddito, sono soggette a inferiorità giuridica e, laddove non esistono discriminazioni legali, i costumi, la religione, la cultura sono ostacoli poderosi per raggiungere l’uguaglianza fra donne e uomini.

Nel 1995 si tenne la IV Conferenza mondiale a Pechino, e i rappresentanti dei governi di 189 paesi del mondo fecero confluire le problematiche più urgenti da affrontare nelle 12 aree tematiche della cosiddetta ‘Piattaforma d’azione’ (Pda), un dettagliato compendio di proposte per raggiungere l’eguaglianza di genere, che vanno dal riconoscimento del valore del lavoro riproduttivo alle statistiche di genere, ai diritti delle donne come diritti umani. La crescita delle diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza tra il Nord e il Sud del mondo, la diffusione della povertà e di malattie endemiche come il virus Hiv, il susseguirsi di crisi economiche sposta l’attenzione sull’urgenza di dare uscita anche ai bisogni economici delle donne affiancandoli ai temi della giustizia di genere (sessualità, identità, cittadinanza), prioritari nell’agenda delle donne nel mondo.

Malgrado le donne abbiano realizzato significativi progressi verso l’uguaglianza di genere durante questi ultimi trent’anni, i risultati raggiunti sono ancora insufficienti e spesso contraddittori.

Significative le organizzazioni che, nei vari angoli del pianeta, si organizzano attorno alle donne. Per difendere l’ambiente, come quella fondata da Wangari Maathai in Kenya; per ottenere l’eguaglianza dei diritti, come quella di Rawa in Afghanistan; per costruire la democrazia, come il Dipartimento de la mujer della Cut, in Colombia, con un programma di formazione di donne sindacaliste per la promozione e la difesa dei diritti umani e del lavoro; per dare dignità al proprio lavoro, come l’associazione Seva fondata in India, una delle più antiche associazioni femminili, per promuovere azioni di difesa dei diritti delle lavoratrici e iniziative di auto-impegno; come il Ministry of women’s affair creato in Palestina, che punta alla promozione dei diritti delle donne; o come in tanti paesi di tutti i continenti in cui progrediscono grazie a piccoli ma efficacissimi progetti di microcredito. Per difendersi da sfruttamento, violenza e sopraffazione, ma soprattutto per costruire diritti, democrazia, pace.

8 Marzo 2005