L’APE che succhia il nettare
alle ex colonie europee


LA VOLPE INVITA LA GALLINA
AD ADATTARSI ALLA VITA MODERNA

Kudugu, 25 marzo 2006
Maurice Oudet
Presidente del SEDELAN

Racconto moderno del Burkina Faso:

A uno dei miei amici contadini del nordest del paese, un antico soldato amava raccontare questo racconto alla luce della luna.
La storia si svolge in Francia nel maggio del 1968. Era di notte. La gallina era già chiusa nel suo pollaio quando arrivò la volpe. Questa si fermò davanti alla recinzione e accese la sua radio; lo speaker descriveva lo sciopero degli studenti e diceva che in tutti i muri avevano scritto: “Proibito proibire!”. La volpe spense la radio e disse alla gallina:
«Hai sentito? I tempi cambiano! Ora si proibisce proibire!».
«E che cosa cambia per noi?» rispose la gallina.
«Significa che se desideri essere moderna, a partire da domani, quando uscirai dal tuo pollaio, dovrai lasciare la porta aperta. Non puoi più proibire l’ingresso in casa tua a chi lo desidera». Detto questo, proseguì il suo cammino.
Il giorno seguente, dopo aver passato una notte stupenda, la gallina si svegliò in forma e uscì a cercar cibo. Quando stette per chiudere la porta del pollaio si ricordò delle parole della volpe e lasciò la porta aperta, dicendo tra sé: «È ovvio, io sono moderna!».
A sera tornò al pollaio per dormire. Di nuovo stette per chiudere la porta, ma reagì con fermezza e disse fra sé e sé: «Hai dimenticato di essere moderna? Lascia la porta aperta! Devi adattarti ai tempi moderni, altrimenti arriverà la volpe e riderà di te». Lasciò, così, la porta aperta e si addormentò profondamente.
Poco dopo, senza essere udita, la volpe si avvicinò al pollaio, chiedendosi: «Sarà stata tanto stupida la gallina da lasciare la porta aperta?». Arrivò davanti a essa e la vide spalancata. Le bastò un balzo per catturare la gallina e mangiarsela.

Questo racconto illustra molto bene il discorso dell’Europa ai Paesi africani e come li invita a firmare accordi dalle conseguenze drammatiche per le loro popolazioni.

Ho assistito a Bruxelles a un incontro fra la Commissione europea e i deputati presenti alle negoziazioni per la firma dell’A.P.E. [Accordo di Parteniariato Economico]. I rappresentanti della commissione europea spiegavano che non c’era alternativa al liberalismo attuale, che l’Europa poteva fare una sola cosa in favore dei paesi dell’A.C.P. (Africa, Caribe, Pacifico): aiutarli a modernizzare le loro economie e, per tanto, ad aprire le loro frontiere. Detto testualmente: «Il liberalismo è la vita!». Detto in altro modo: «Siate moderni, accettate il libero scambio!».
L’Europa vuole far credere ai Paesi Africani che adattarsi al mondo moderno vuol dire: «Lasciate la porta aperta! Sopprimete le tariffe doganali! Accettate senza reticenze il libero scambio!».
Se l’Europa fosse meno ipocrita e meno severa verso i paesi dell’Africa dell’Ovest, parlerebbe loro in modo diverso. Direbbe: «Volete sviluppare la vostra produzione di latte? Cominciate a tassare il latte in polvere importato. Guardate che lo produciamo noi! La nostra industria del latte è molto più sviluppata della vostra, e tuttavia non abbiamo smesso di proteggerla. Tassiamo con un 75% il latte in polvere importato mentre voi lo proteggete solo con il 5%». L’Europa potrebbe fare molti altri esempi.
Potrebbe dire ai paesi africani: «Approfittate della nostra esperienza. Quando noi negoziamo un accordo di libero scambio con altri paesi, non liberalizziamo tutto. Proponiamo di liberalizzare solo quello che ci interessa ed evitiamo di liberalizzare il commercio di molti prodotti quando questi non sono favorevoli verso i nostri produttori. Voi dovreste, per lo meno, escludere dalle liberalizzazioni tanti prodotti come abbiamo fatto noi nei nostri accordi di libero scambio con il Cile (471 tariffe doganali non sono state tolte) con il Messico (631 tariffe doganali non sono state tolte) e col Sud Africa (324). Queste tariffe doganali corrispondono alle carni, ai prodotti del latte, ai cereali e le farine, allo zucchero e agli alimenti preparati».
Se l’Europa volesse stabilire una autentica cooperazione e non rafforzare maggiormente il suo dominio sull’Africa dell’Ovest, potrebbe consigliarli di fare come lei e dire: «Instaurate due classi di tassazione alle importazioni. Per esempio, perché non tassare il riso importato al 20% invece dell’attuale 10%? E annidarvi una tariffa fissa di 100 franchi al chilo? È un procedimento che noi stabiliamo spesso con altri paesi».
Possiamo continuare dando altri esempi. Ma basta mettere in evidenza che la Tariffa Estera Comune (T.E.C.) deve essere rivista nel suo insieme.
L’Europa si pone verso i Paesi Africani come la volpe verso la gallina del nostro racconto. E, per disgrazia, i paesi africani si comportano con l’Europa come la gallina con la volpe.
Chi, o che cosa, potrà aiutare gli uni e gli altri a cambiare atteggiamento?