IL VANGELO DI GIUDA


Rinvenuto nel 1978 nel deserto egiziano, tenuto nascosto e tradotto solo negli ultimi cinque anni, emerso all’attenzione degli studiosi e alla ribalta delle cronache solo da qualche mese, il vangelo cosiddetto di Giuda ha scatenato nel mondo un dibattito di proporzioni così vaste da coinvolgere addirittura il “trono di Pietro” che tuonando respinge a viva forza la palese riabilitazione del “grande traditore”, continuando a sostenere con forza, in linea con le scritture canoniche neotestamentarie, l’infamità del personaggio, del valore simbolico e storico del suo gesto.
In realtà la grande diatriba che in questi mesi trova una così vasta eco nei mass media di tutto il mondo, osservata dal nostro punti di vista, appare come una gigantesca tavola rotonda sul sesso degli angeli o sulle colpe che avrebbe avuto Eva nel mangiare la mela.
Infatti, molte sono le domande che, quantomeno lo storico laico e intelligente, dovrebbe porsi prima di cimentarsi in discussioni sulla opportunità o meno di proporre una nuova chiave di lettura dell’odioso gesto del tanto deplorato personaggio.
Gli scritti neotestamentari nella loro interezza denunciano il costante sforzo dei loro redattori di dimostrare che la nascita, la vita, le opere e la morte del Messia derivano dal sorprendente avveramento di profezie veterotestamentarie. Per questo motivo tutti gli eventi narrati vengono farciti con parole, frasi e episodi di biblica memoria.
Lo stesso Giuda, il suo tradimento (o adempimento di un ordine come ora qualcuno vuole), il compenso ricevuto e molte altre circostanze riferite all’episodio in questione, non sono altro che evidenti citazioni di profezie bibliche.
È attraverso questa lente che notiamo come il pane intinto nel piatto di Gesù riprende il passo di un salmo; Vangelo: «sarà colui che intinge il pane con me nel piatto»; Bibbia (salmo 41.10): «Mi fu avversario anche colui in cui confidavo, colui che mangiava il mio pane». Ma dove questa operazione di ‘scopiazzatura’ giunge al suo apice è in Matteo (27.9), ovvero nell’episodio della restituzione dei trenta denari ai sacerdoti che viene esplicitamente considerato quale avvenimento di un passo biblico di Zaccaria XI.13 (che Matteo erroneamente attribuisce a Geremia).
Evidentemente, il falsario, di estrazione pagana e a digiuno di termini ebraici e biblici, è così preso dall’intento di far combaciare l’episodio in questione con la citata profezia che con i trenta denari restituiti da Giuda ai sacerdoti, fa acquistare da questi un campo chiamato “Vasaio” destinato alla sepoltura degli stranieri.
In realtà Zaccaria narrò del cattivo affare concluso da un pastore che, dopo aver venduto per trenta denari un gregge di pecore, si recò dal padrone per domandargli come utilizzare tale somma. Il padrone, contrariato per l’irrisorio ricavato, gli disse di buttare i denari nel vasaio, cioè nel recipiente destinato alle elemosine, collocato all'entrata del tempio.
Forse il Rex Iudeorum fu realmente tradito da un suo discepolo nell’intricatissima macchinazione orchestrata dagli zeloti con la complicità di personaggi importanti e insospettabili del tempio e dell’ambiente filoromano. Ma nella leggenda evangelica perfino il nome del traditore, giudaico per eccellenza, risponde a una esigenza precisa: forzare l’ago della bilancia sulle responsabilità del popolo ebraico e fomentare l’odio verso di esso.
Come considerare, dunque, il racconto che emerge dai malconci rotoli rinvenuti?
Come la risposta tardo gnostica da opporre alla pericolosa e dilagante affermazione della leggenda di ispirazione greco-romana che da lì a breve avrebbe ufficialmente ricevuto da Costantino “scettro e corona” per governare il popolo.
Il manoscritto in lingua copta risale, infatti, al III-IV secolo, ma sarebbe una copia (quanto fedele?) di un antico scritto considerato come eretico già da Ireneo (II secolo).
Con questo nessuno vuole fare ‘di tutta l’erba un fascio’ bollando come inattendibile l’intera mole degli scritti gnostici.
Anche tra le variegate correnti gnostiche (tutte bollate come eretiche dalla chiesa di Roma) bisogna saper distinguere quelle più genuine da quelle (in genere tarde) che lo sono meno.
Sotto il comune denominatore del disprezzo per la materia e quindi per la carne frutto della perversa invenzione di una deità minore e della conseguente immaterialità della rivelazione messianica, si nascondono diverse scuole e quindi svariati orientamenti e diverse interpretazioni dell’avvento messianico.
Le correnti che hanno avuto vita (comunque difficile) in epoca tarda (fine II, inizio III secolo), avendo perso la memoria storico-testimoniale dei grandi fatti del primo secolo e dovendo controbattere alla crescente affermazione della chiesa ufficiosa e ormai quasi ufficiale, devono aver trovato naturale basarsi sulla presunta storicità delle tradizioni orali o dei primi scritti neotestamentari fatti propri da Roma e ‘fare il verso’ agli stessi dicendo così la propria.
Gli studiosi seri e scrupolosi non attendono sorpresa alcuna dagli esiti della pietosa autopsia condotta sui frammenti erosi di uno scritto tardo gnostico tutt’altro che storicamente attendibile.
Un giorno, speriamo, l’uomo si libererà dall’ottusa soverchieria di chi gli ha imposto di non guardare alla storia ma alla leggenda spacciata per realtà.
La storia del cristianesimo è una storia di vittime, che nel nome e nel segno della croce ha compiuto delitti efferati e disumani. Solo per l’evangelizzazione del Sudamerica furono sterminate oltre cinquanta milioni di persone e non si contano le “streghe” e gli eretici quali Giordano Bruno e migliaia di altri che sono stati ridotti al silenzio per mezzo dei roghi.
Una certa ribellione di fronte al male, quando siamo noi a subirlo, è sempre possibile, ma questa non è vera ribellione; chi non si sdegna e non si ribella al male quando questo si abbatte sulla propria pelle? La vera ribellione nasce da chi vede le ingiustizie abbattersi sugli altri e non tollera nemmeno per un minuto di far finta di nulla. Non bisogna aspettare di essere personalmente toccati dal male per gridare: dobbiamo protestare quando vediamo il male abbattersi su chiunque.

Aprile 2006