L’ALBERO DELLA VITA

di Tommaso Iorco
(autore tutelato S.I.A.E.)

Il 3 dicembre 2009 si sono tenute le commemorazioni dei 150 anni dalla pubblicazione del libro di Charles Darwin, On the Origin of Species. E, adesso, gli scienziati si chiedono se l’evoluzione dell’uomo continua e dove potrà condurci.

I ricercatori europei medioevali spesso inserivano gli esseri viventi all’interno di una sequenza gerarchica chiamata scala naturæ, ponendo in basso creature animali come vermi e insetti e all’apice (provvisorio e per nulla assoluto!) l’uomo.
Nel XIX secolo, l’evoluzionismo diede a tale visione una prima dimostrazione concreta, tracciando una sorta di “albero della vita”, in cui le specie estinte si trovano nella parte più interna dei rispettivi rami, mentre le specie attualmente esistenti sono poste all’estremità, derivate dalle prime.
La crescente complessificazione di tale ramificazione spinge ora i ricercatori a abbandonare l’immagine dell’albero, rivelatasi semplicistica e inesatta, per trovarne una maggiormente corrispondente alla realtà. Organismi viventi come batteri, piante e animali hanno rivelato che alcune differenti specie si sono intersecate fra loro in modo molto più complesso di quanto in principio era apparso, perciò alcuni rami dovrebbero intrecciarsi in modo più simile ai fili di una ragnatela che ai rami di un albero. Si parla pertanto di una vera e propria web of life, una intricata e affascinante “ragnatela della vita”.

Ci avviciniamo in tal modo alle straordinarie intuizioni dei poeti mistici dell’India antica, i quali paragonavano spesso il proliferare della vita a una immensa ragnatela cosmica. E tuttavia, i veggenti dell’antichità erano in grado di spingere il loro sguardo ben oltre il dominio di competenza della scienza, riuscendo a cogliere l’essenza delle cose in perpetuo divenire.
Quando la mistica Tantra afferma, in riferimento alla Grande Madre, che «Lei è il ragno e Lei è la ragnatela», mostra di aver saputo individuare — per vie sperimentali altre da quelle della scienza, ma ugualmente rigorose e degne di rispetto — la vera Essenza universale che anima tutte le cose e che costituisce perfino la Sostanza del mondo fenomenico.

Ma, tornando per un istante alla scienza, è comunque sorprendente che un biologo molecolare del calibro di Eugene Koonin abbia affermato, proprio in quel 2009 in cui ebbero luogo le commemorazioni darwiniane, che «gli studi genomico-evoluzionisti mostrano che la selezione naturale è solo una delle forze che causano l’evoluzione dei genomi e, sotto il profilo quantitativo, non costituisce la forza dominante, in quanto alcuni processi non-adattativi risultano assai più prominenti di quanto finora supposto».
L’evoluzione, in definitiva, è un fenomeno troppo complesso per poter essere ingabbiato all’interno di una rigida struttura concettuale o scientifica. Vi sono infatti elementi sottili, che esulano dall’indagine scientifica e che, tuttavia, sono le reali forze scatenanti del fenomeno evolutivo. Le forze fenomeniche (quelle rilevabili dalla scienza, per intenderci) non sono che una derivazione di quelle forze sottili da cui prendono le mosse, le quali a loro volta sono derivate e dipendono dall’unica Forza, quella suprema Shakti che informa tutto e da cui tutto deriva — tornando così alla concezione della Grande Madre.
Esiste un’unica Forza sovracosciente, da cui tutte le altre forze (coscienti o subcoscienti) sono emanate per poter elaborare compiutamente quel processo di complessificazione che è alla base del nostro universo.

Soltanto vista da questa prospettiva, ovvero osservando l’intero fenomeno dall’alto e scendendo metodicamente verso il basso, possiamo sperare di comprendere i veri fondamenti che regolano l’evoluzione e liberare così la teoria evoluzionistica da ogni deriva imperialistico-superomistica.
La “sopravvivenza del più forte”, così a lungo sbandierata nel corso del XX secolo (con tutte le aberranti conseguenze che ha prodotto, dalle agghiaccianti leggi razziali alle tremende “pulizie etniche” — campi di sterminio compresi), è la volgare deformazione di un fenomeno che trae la sua vera ragion d’essere dalle fonti stesse da cui è nata la vita e la materia. Le vere fondamenta dell’esistenza si trovano in alto, non in basso, ci ricorda l’antica poesia sapienziale dei cantori rigvedici— upari budhna esham.

Mère e Sri Aurobindo partono da questa percezione — per Loro assolutamente concreta — della realtà, per intraprendere un’Opera di trasformazione della Materia, la quale dovrà in ultimo arrivare a manifestare direttamente (senza i veli opachi e deformanti dell’incoscienza) l’eterno Spirito universale e trascendente che soggiace nelle forme.
E, per fare ciò, occorre anzitutto scardinare la legge su cui attualmente la vita è fondata: la morte, per emergere in una coscienza Altra. È infatti chiaro, per Mère e Sri Aurobindo, che VITA-E-MORTE rappresentino insieme — vale a dire in modo congiunto — una dualità gemella che occorre trascendere in un Terzo Principio Altro, capace di inglobarle e di superarle al tempo stesso, emergendo in uno stato — in una SOVRA-VITA, se si vuole — che è senza morte. Ma, prima, occorre che la morte esaurisca la sua necessità di evolutore della vita.

Se non ci fosse stata la morte, allo stato attuale delle cose, la vita si sarebbe avviluppata in una stagnazione inerte e inconcludente, del tutto incapace di progredire senza sosta, di evolversi all’infinito. La morte interviene ogni volta per spezzare un cerchio ristretto nel quale la vita si imprigiona, una sorta di recinto precario e soffocante, per permetterle di entrare in un cerchio via via più ampio. Come disse Ernst Jünger, noi «abbiamo l’abitudine a considerare la morte per malattia o per incidente (per offrire qualche esempio) come la causa che pone fine alla vita. Errore: è, al contrario, la Vita che chiama la Morte, volendo entrare in una nuova fase».
Mère e Sri Aurobindo rappresentano per noi la fine di ogni fase conosciuta all’interno del binomio VITA-MORTE, per entrare in un meraviglioso Ignoto in cui la vita e la morte si tramutano entrambi in un nuovo modo d’essere della Materia.

L’era darwiniana è finita. Una nuova evoluzione attende a porte spalancate.

© 16 ottobre 2010