La civiltà vedica nelle steppe siberiane?


a cura della redazione arianuova.org


In un’area di 640 chilometri, al confine tra Russia e Kazakhistan, un team di archeologi sta analizzando venti antichi insediamenti spiraliformi (e ha inoltre rintracciato cinquanta ulteriori siti ancora da portare alla luce), che potrebbero essere i primi stanziamenti certi, finora individuati, delle popolazioni vediche fuori dei confini della valle dell’Indo-Sarasvati.
Si presume che tali agglomerati urbani risalgano a 3.500/4.000 anni fa, poco dopo la costruzione della Grande Piramide in Egitto. Ciascun insediamento ha la dimensione delle città-stato dell’antica Grecia che hanno iniziato a fare la loro comparsa a Creta all’incirca nello stesso periodo (per esempio Micene), in grado di ospitare un paio di migliaio di individui.
Se gli archeologi confermano l’origine ariana delle città, ciò potrebbe costituire la prima prova della diffusione della civiltà vedica in Europa e nel Medioriente. Il loro linguaggio è stato identificato come il precursore delle lingue europee, incluso il nostro italiano.
La BBC ha subito inviato una troupe che ha realizzato un programma radiofonico dal titolo Tracking the Aryans. E l’anglosassone Bettany Hughes, docente e storica rinomata, ha subito affermato che «potenzialmente queste città potrebbero strappare il primato dell’era degli eroi all’antica Grecia».
La prima di queste città, conosciuta con il nome di Arkaim, venne alla luce nel 1989, non appena le autorità sovietiche permisero a enti non militari di effettuare fotografie aeree della zona.
Un altro importante sito archeologico rinvenuto nella medesima zona è quello di Sintashta, descritto come un centro fortificato metallurgico con alcune necropoli annesse, i cui rituali sono stati in qualche modo assimilati a quelli descritti nel Rgveda.
L’archeologo Gennady Zdanovich sottolinea il fatto che la forma di ognuno di questi insediamenti, stanziati principalmente nel distretto di Chelyabinsk, rievoca un fossile di ammonite (diviso in segmenti con forma a spirale); inoltre, tutt’intorno a ogni città è stato riscontrato un canale, mentre al centro di ciascun insediamento sorge una piazza quadrata. Gli scavi hanno portato alla luce vasellame con incisioni della svastika e di altri simboli solari tipicamente vedici.
È convinzione di un numero sempre maggiore di studiosi che la civiltà vedica, fiorita circa 7.000 anni fa (e qualcuno ipotizza che si sia formata all’epoca dell’ultima glaciazione, accorsa 12.000 anni fa) nella valle dell’Indo-Sarasvati (nel nord dell’India e nell’attuale Pakistan, in un’area di gran lunga superiore a quella utilizzata dagli antichi egizi o dai popoli mesopotamici), abbia conosciuto un flusso migratorio che, a partire dal 3.000 a.C., si è diffuso in varie parti del mondo. Quando il fiume Sarasvati iniziò a prosciugarsi, infatti, le popolazioni vediche cominciarono a spostarsi; anzitutto nell’altipiano gangetico e, in ondate concomitanti ma pure successive (e per tutta l’età del Bronzo), in altri luoghi geografici, verso est e verso ovest, dall’Estremo Oriente all’Europa, dando nascita o influenzando fortemente civiltà come la greca, la celtica, l’egizia e altre ancora (taluni sostengono che anche le civiltà mesoamericane e amerindie derivino dalla cultura vedica — vedi articolo sulle antiche migrazioni). Vi è poi l'ipotesi (sostenuta da intellettuali di primissimo rango, come G.B. Tilak) secondo cui le regioni circumpolari sarebbero state le dimore originali dei rishi rigvedici, in quel particolare periodo interglaciale in cui le regioni artiche euroasiatiche furono caratterizzate da estati fresche e inverni miti, in una sorta di «perpetua primavera», secondo le parole dell'astronomo William Herschel.

Ottobre 2010