POLICRATE,
“l’unto degli dèi”

di Gaia Ambrosini

OGNI RIFERIMENTO A FATTI O PERSONAGGI
DELLA NOSTRA REPUBBLICA SONO PURAMENTE CASUALI...

Policrate fu un bieco tiranno greco.
Gli storici ci dicono che fosse particolarmente crudele con i propri sudditi (e ancor più, ovviamente, nei confronti dei suoi nemici), ma quasi mai in modo plateale. Al contrario, teneva che il demos (il popolo) avesse di lui un’immagine il più possibile positiva, mostrandosi in pubblico sempre ammiccante e sorridente — talvolta eccessivamente goliardico, ma facendo sempre bene attenzione a che mai nulla rivelasse la sua vera natura cinica e spietata. Teneva comunque a dire di essere “l’unto degli dèi” e a fare affermazioni un poco esagerate e spavalde sulla propria persona.

Nel 537 a.C. riuscì ad assumere il controllo dell’isola di Samo in qualità di tiranno, scalzando una classe di privilegiati aristocratici che vivevano nel lusso, sulle tasse del popolo. Lui prese il loro posto denunciando la vergogna di questi indegni parassiti che vivevano sul sudore altrui ma, una volta assunto il potere, fece altrettanto (rincarando anzi la dose!), lasciando tuttavia credere all’opinione pubblica esattamente l’opposto, grazie anche a una serie di leggi demagogiche da lui emanate (come quella, pare, di eliminare il tributo sulla prima casa). In breve tempo, riuscì ad accumulare ingenti ricchezze.

Numerosissimi furono gli atti di pirateria che ordinò ai suoi ammiragli, in modo da garantirsi una non troppo trasparente egemonia sul Mare Egeo, al punto da essere considerato da Erodoto (uno dei massici storici dell’antichità) il primo dominatore dei mari che la storia avesse conosciuto. Fu in grado di creare dal nulla una potente flotta commerciale e bellica e uno dei suoi vanti maggiori di fronte al popolo era proprio quello di essersi fatto da solo. Alcuni storici ci dicono che le sue navi da guerra erano molto ben equipaggiate e riconoscibili da uno stendardo da lui voluto: una sorta di drago di mare — una specie di biscione ravvolto nelle sue spire.

Inoltre, Policrate amava particolarmente edificare: fece innalzare possenti mura intorno alla capitale, ordinò di scavare una galleria lunga più di un chilometro, fece costruire un enorme porto avente ben due moli, fece erigere vasti quartieri periferici (indicati da alcuni archeologi come "Samo 2" e "Samo 3"). Pare che queste manie di grandezza gli provenissero dalla sua bassa statura, ma questo è un dettaglio ancora da accertare. È invece più accreditata la testimonianza di quanti raccontavano che egli faceva uccidere alcuni giovani dalla chioma particolarmente folta, per permettere ai suoi più esperti artigiani di costruirgli dei parrucchini che gli nascondessero la calvizie, da lui particolarmente detestata.

Una delle sue maggiori prerogative era un enorme potere di corruzione, che esercitava con una mania di precisione quasi patologica, oltre a una ossessiva volontà di manipolare l’opinione pubblica, comprandosi le persone che godevano di maggiore influenza sul popolo e ordinando loro di diffondere una serie di notizie del tutto fasulle che lo facessero apparire generoso, amico del popolo, unicamente dedito al bene dei suoi sudditi.

Inoltre, teneva molto a mantenere buoni rapporti con i tiranni degli altri paesi: sono ormai accertate le sue ottime relazioni con i despoti di altre città-stato greche (primo fra tutti l’ateniese Pisistrato), ma anche con il potentissimo imperatore persiano Cambise (che appoggiò addirittura in una guerra, inviandogli un contingente di navi, sperando ovviamente di ricavarne qualcosa in cambio) e con il faraone egiziano Amasis.

Ma la particolarità che maggiormente lo caratterizzava, era la sua apparente fortuna sfacciata. A dispetto di qualunque traversia o avversità del destino, lui ne usciva sempre a testa alta, indenne e ogni volta più tronfio. Al punto che il popolo iniziò a convincersi che fosse veramente “unto dagli dèi” e molti spiriti ingenui presero addirittura a venerarlo. In realtà, pare che gli dèi lo detestassero particolarmente, perché lui salì al potere grazie all’appoggio di alcuni titani (uno, in particolare, che era uscito dal cratere dell’Etna, nelle cui profondità la dea Atena lo aveva sepolto vivo) che, usciti sconfitti dall’ultima battaglia contro gli dèi, tramavano di spodestarli e di riprendersi il potere. È l’eterna battaglia dei poteri della Luce (gli Dei) contro i poteri dell’Oscurità (i Titani).

Ma fu proprio la proverbiale fortuna (tutta apparente e di facciata, lo ripetiamo) di Policrate a decretare la sua rovina.
Quando cercò di stringere alleanza con il faraone egiziano, questi gli confessò di diffidare della sua troppo eclatante fortuna, ritenendo che un uomo troppo fortunato prima o poi sarebbe stato colpito da una terribile sventura. E così, per poter sugellare l’alleanza, Amasis, il faraone d’Egitto, chiese al tiranno Policrate di rinunciare a qualcosa di veramente prezioso, in modo da scongiurare — attraverso tale perdita — una peggiore sventura. Policrate decise allora di privarsi di un anello preziosissimo cui era molto affezionato (in realtà pare fosse un volgare falso realizzato appositamente, con un fondo di bottiglia) e lo gettò in mare.
Qualche tempo dopo, un pescatore decise di donare a Policrate un pesce di dimensioni particolarmente grandi che aveva appena pescato. E, mentre i cuochi ripulivano le interiora per cucinarlo, con grande stupore trovarono nella pancia l’anello che il tiranno aveva gettato in mare! Quando Amasis venne a sapere di questa coincidenza davvero straordinaria, si persuase definitivamente che Policrate fosse un uomo troppo sfacciatamente fortunato e che, prima o poi, sarebbe stato colpito da una tremenda disgrazia; perciò, temendo che i rapporti amichevoli con lui potessero in qualche modo rendere se stesso un suo compagno di sventura, decise di rompere l’alleanza.

E, per una di quelle strane coincidenze del destino, i timori superstiziosi di Amasis si avverarono. I persiani suoi alleati, temendo sempre più la pirateria aggressiva di Policrate, lo presero e lo crocifissero, nel 522 a.C.
L’isola di Samo, alla morte del tiranno, scoprì di avere le proprie casse pubbliche totalmente svuotate e si ritrovò da un giorno all’altro povera e debole, facile preda di quei conquistatori che non tardarono a porre sull’isola i ceppi della schiavitù, da cui occorse qualche secolo per liberarsene.

Questa la storia. Ma gli studiosi di mitologia greca aggiungono che il titano che aveva dato l’appoggio a Policrate, temendo l’ira degli dèi, si nascose sotto le sabbie di una località costiera sul golfo di Al-ammamat (nell’attuale Tunisia), pronto a riemergere alla prima occasione propizia.

settembre 2009