Tommaso Iorco


Poeta e drammaturgo per vocazione, nonché attore e regista per indirizzo professionale, nel 1989 fonda l’associazione culturale no-profit aria nuova, al cui interno coesistettero per 26 anni (1989 - 2015) tre realtà: il centro studi arya, la casa editrice aria nuova e la compagnia teatrale a.n.te.
Ha all’attivo più di venti spettacoli teatrali. Dopo il debutto come drammaturgo e attore con L’avventura della coscienza e della gioia (1991, per la regia di Davide Montemurri e accanto ad attori del calibro di Marcella Mariotti e Pier Paolo Capponi), dedicato a Mère e Sri Aurobindo, inizia a cimentarsi anche nella regia, dirigendo artisti di rinomanza internazionale (citiamo Britta Oling, Franz Mezzera, Maitryee Mahatma, Alberto Chicayban, Miguel Angel Acosta, Sooraj Subramanyam, Oscar Casares); fra le rappresentazioni messe in scena, si segnalano due spettacoli di poesia e danza sul poema epico Savitri di Sri Aurobindo — Il confronto tra Amore e Morte (1996) e Il giorno eterno (2013) —, diverse rappresentazioni dedicate alla figura di Mère — Una festa per Mère (1992), Magna Mater (2000), L’aurora di una nuova specie (2005) —, parecchi recital (o veri e propri spettacoli teatrali) su poesie di Sri Aurobindo — Visioni d’apocalisse (1995), Tra il crepuscolo e l’aurora (1998), Kaligone (2009), La poesia veggente (2010), L’opera d’inchiostro (2011), Alchimie sonore (2012), Sohamasmi (2013) — e altri spettacoli ancora, sempre all’insegna della poesia e dell’impegno sociale, come Pangea, l’unità nella diversità (1994, sotto la direzione artistica di Luca Ronconi), La luce della memoria (2003, commissionatogli per il “Giorno della memoria” e dedicato alle vittime della Shoah), Anima Mundi (2015). Nel 2020, dopo circa 5 anni di assidua preparazione (e un intero anno di prove quotidiane con attori bilingui), mette in scena ERIK (www.eric.theater) sublime dramma lirico in cinque atti di Sri Aurobindo (con l’intenzione di portare tale rappresentazione nei teatri internazionali in lingua originale, e in Italia nella propria traduzione in endecasillabi), sennonché decide di congedarsi definitivamente dal teatro, come atto di protesta contro le imposizioni arbitrarie (distanziamento sociale, mascherine, inoculazioni coatte, tamponi, lasciapassare verde…) del regime mondiale imperante. Lo spettacolo avrebbe dovuto  debuttare il 24 aprile 2020, in occasione del Centenario del definitivo ritorno di Mère a fianco di Sri Aurobindo, ma il famigerato lockdown lo ha impedito; è stato quindi spostato al 5 dicembre dello stesso anno. Su questa rappresentazione, il prof. Alberto Manco (docente presso l’università L’Orientale di Napoli) ha scritto: «Sono rimasto colpito dall’enorme impegno che deve avere richiesto la trasposizione di un testo così profondo e complesso. Parlo della complessità dei temi che lo hanno ispirato, che da un lato richiedono una sensibilità del tutto eccezionale affinché siano trasposti in un testo e dall’altra una predisposizione generosa a renderli fruibili anche per chi non mastica certe tematiche. Oltre che nelle attrici e negli attori, nella regolarità del testo, nella sua sintassi così ben curata, ho trovato equilibrio ovunque, nelle musiche, nelle bellissime cromie, nelle luci, persino nelle scene in cui si rappresentano certi improvvisi moti dell’animo, con movimenti dei corpi nello spazio che non sono mai casuali. Da quello che ho visto, lo sforzo di ricreare spazi diversi e tempi diversi in uno spazio scenico unitario è riuscito senza sbavature, e credo che questa sia una delle cose più difficili quando si mettono in scena lavori come questo. Se dovessi definirlo in base alle mie sensazioni, direi che si tratta di un’opera che restituisce il senso profondo del gesto e della parola, e delle conseguenze che da essi discendono». Il regista e attore Matteo Belli ha dichiarato: «A volte sentiamo nella recitazione in versi quello che a noi moderni fa un po’ inarcare la schiena, quando la forma presenta una rigidità, un’astrazione che ci allontana dalla sonorità del parlato e, quindi, sentiamo più la forma che la sostanza del dialogo. Qui, in questa resa di Tommaso Iorco, l’endecasillabo riesce invece ad essere estremamente duttile ai vari momenti, alle varie situazioni offerte dal testo, perché trova una musicalità che però è sempre molto duttile nell’aderire ai vari momenti del testo, quindi diremo subito un endecasillabo tutt’altro che astratto nella sua compiutezza formale. Sembra quasi, in questo ritmo, di vedere dissolvere la struttura dell’endecasillabo in una continuità, in una fluidità, in un collegamento tra versi che conferiscono una grande rapidità e fluidità d’eloquio — una grande energia, ecco!». Citiamo infine le parole della prof.ssa Letizia Vezzosi, che occupa la cattedra di linguistica presso l’università di Firenze e che, quindi, si sofferma soprattutto sulla traduzione: «Il pentametro giambico utilizzato da Sri Aurobindo in Eric è perfetto, senza sbavature. Nella traduzione di Iorco si coglie la quasi impressionante capacità del traduttore di mantenere quasi le unità sintattiche tra la versione inglese e la versione italiana. Quando si traduce dall’inglese all’italiano, la traduzione italiana è sempre un po’ più lunga (ciò avviene anche se traduciamo in prosa), ma se confrontate il dramma originale Eric di Sri Aurobindo con la traduzione di Tommaso Iorco, è veramente impressionante come riesca a ottenere lo stesso effetto non solo di ritmo ma anche di lunghezza, mantenendo fedeltà al testo».
Durante gli anni giovanili della sua formazione artistica, oltre alla scuola di teatro Tommaso frequenta pure una scuola di cinematografia, e nel 1995 realizza il video Kaosmos ("un abbraccio tra scienza e coscienza" - durata: 90’), accolto con calore presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino.
Ha tradotto (in versi italiani) l’intera opera poetica di Sri Aurobindo, pubblicata in sette volumi con testi originali a fronte: i poemi epici Savitri e Ilio; le Poesie mistiche; le drammaturgie Perseo il liberatore, Rodogune, I visir di Bassora, Erik, Vasavadatta. Fra le altre traduzioni da lui effettuate, da segnalare due ulteriori testi di Sri Aurobindo: Il segreto dei Veda e L’origine del linguaggio, oltre alla compilazione La risata divina (l’umorismo di Sri Aurobindo); il dramma Vikramorvaśīyam di Kālidāsa (di questo sommo poeta sanscrito, nel 2014 mise in scena il dramma Abhijñānaśākuntalam), il romanzo Gringo dello scrittore francese Satprem (decorato eroe della resistenza ai nazisti), suo caro fratello d’anima — non a caso, Tommaso ha collaborato con l’Istituto di Ricerche Evolutive (fondato dallo stesso Satprem) durante l’intero periodo in cui sono stati pubblicati i 13 volumi de l’Agenda di Mère in italiano (e nel 1998 verrà pubblicato il Sommario per argomenti de l’Agenda di Mère da lui personalmente curato). Satprem accordò a Tommaso il permesso di tradurre e curare la pubblicazione dei Carnets d’une Apocalypse, ringraziando calorosamente; purtroppo, però, dopo la dipartita dell’Autore, l’IRE si mise di traverso — Tommaso, da eterno «apota iconoclasta, eretico impenitente» (la citazione proviene dal suo romanzo L’ora dell’inatteso), non è il tipo da farsi irretire da una qualsivoglia conventicola di chierichetti ambiziosi, ‘satpremiani’ o ‘aurobindiani’ che dir si vogliano — e non se ne fece più nulla.
La sua incondizionata ammirazione per la sublime epopea Savitri non si conclude con la traduzione e gli spettacoli teatrali; oltre a un breve saggio (Savitri, l’epopea della vittoria sulla morte di Sri Aurobindo, 1995), nel 2000 realizza un compact-disc in inglese dal titolo The Debate with Love and Death — concerto di musica e poesia con musiche originali di Gianfranco Franzoni, e le voci di Srimoyi (attrice auroviliana, che qui interpreta Savitri), Otto (attore auroviliano, che presta la sua voce grave al Signore della Morte) e Tai (altro attore auroviliano). In uno dei suoi numerosi viaggi di approfondimento in India (dove, ta le altre cose, ha potuto studiare vedico e sanscrito con il Paṇḍita Śeṣa Śarma), Tommaso tenne un seminario attoriale su “voice and body” agli artisti performativi della compagnia teatrale multietnica di Auroville diretta dalla regista statunitense Jill Navarre.
Nove i testi poetici di Tommaso finora pubblicati: il poemetto Amritagni (1996), il dramma lirico in cinque atti Alkesti (2001), la silloge L’opera della fenice (2004), il dramma lirico in cinque atti Dana (2009), il libretto d’opera in quattro atti Circe (2011), il poema epico Lila (2012), la raccolta Versi sberleffi (2015), la fiaba in versi Oggi (2017), il canzoniere Lyra Mystica (2021). Alcune sue liriche sono state trasposte da compositori contemporanei in partiture per voce e orchestra, oppure per voce e strumenti da camera (per es. Melosophiae, opera per trio di archi e voce soprano composta da Filippo Santoro e vincitrice del “2010 Competition for Composers” di Madison, U.S.A., nell’esecuzione del Contemporary Chamber Orchestra e della celebre soprano Sarah Fox). La poetica di Tommaso ha attirato l’attenzione di critici del calibro di Edoardo Sanguineti, Giorgio Bárberi Squarotti, Edoardo Esposito. Della produzione poetica di Tommaso, tutta altissima e ispirata, qui vorremmo segnalare in particolare l’epopea Lila (ben dodicimila endecasillabi divisi in cento canti), totalmente incentrata su Mère e Sri Aurobindo, riportando il giudizio del più grande critico contemporaneo di poesia italiana, l’esimio (e rimpianto) prof. Giorgio Bárberi Squarotti: «Ho letto, a poco a poco, lentamente, il poema Lila. Aspira alla totalità, e la scommessa è vinta. Riesce a coinvolgere miti e filosofia, visione e meditazione, moralità e afflato alla verità e al sacro rinnovato e restituito al mondo. L’endecasillabo è perfetto nella sua varia scansione. È una nuova e attualissima teogonia nell’affollarsi dei simboli e dei concetti e nello slancio del ritmo sempre alacre e, al tempo stesso, rigoroso».
Profondo conoscitore della cultura indoeuropea, Tommaso ha scritto il saggio (poi pubblicato anche in inglese) Dai Veda a Kalki (2003), «un testo indubbiamente impegnato e ricco di spunti di riflessione; davvero un notevole compendio della cultura indiana», prof.ssa Marilia Albanese (docente di orientalistica presso l’Ismeo di Milano); «riconosco impegno ed entusiasmo sinceri, frutto di una ricerca e un percorso personali», prof. Mauro Maggi (docente di orientalistica presso l’università La Sapienza di Roma); diversi membri dello Sri Aurobindo Ashram hanno lodato tale scritto — Maggi Lidchi (la compagna di Nata): «Questo saggio di Tommaso Iorco è superlativo!»; Suprabha Nahar: «Dai Veda a Kalki è un libro eccellente»; Ananda Reddy (Presidente dello “Sri Aurobindo Centre for Advanced Research”): «Dai Veda a Kalki è un libro encomiabile, scritto in modo ineccepibile, con una profonda empatia nei confronti del soggetto e una notevole comprensione degli svariati testi trattati. Il capitolo su Sri Aurobindo è alquanto compendiato e al tempo stesso estremamente esaustivo. La comprensione e chiarezza mostrata nei confronti di Sri Aurobindo è in effetti esemplare».
Da segnalare inoltre la traduzione integrale del Ṛgveda (con originale a fronte), di cui il prof. Marcello De Martino (docente di linguistica presso varie università mondiali) ha scritto: «Possiamo ben dire che il Ṛgveda di Tommaso Iorco edito da La Calama fa da pendant alle edizioni del testo ṛgvedico in lingua inglese di R.T.H. Griffith e in lingua tedesca di H. Grassmann, dimostrando un approccio ermeneutico al testo da cui si evince un buon background di studi, che ben si appaia all’afflato lirico che traspare dalla versione italiana». E il prof. Kenan Digrazia (astrofisico specializzato in studi vedici) ha aggiunto: «Chiunque abbia tentato di cimentarsi con la traduzione della poesia rigvedica (come il sottoscritto) conosce le difficoltà tecniche dell’impresa, entro le quali Iorco si muove con disinvoltura davvero sorprendente, per giunta con l’ulteriore riduzione dei gradi di libertà dovuta al numero fissato di sillabe per verso. Quest’ultimo dettaglio viene ovviato variando il numero di versi che ciascuna stanza possiede, così da adattare elasticamente il ritmo delle parole italiane al metro poetico. Non di rado la corrispondenza è impressionante, andando perfino a ricalcare il beat degli accenti recitativi nella struttura italiana! […] La straordinaria meditazione e riflessione sul piano semantico prima ed ontologico poi è evidente nel volume, stanza per stanza. […] Sviluppando tutte le sfumature simboliche, Iorco getta luce anche su tutto ciò che gli altri traduttori del passato bollavano come “oscuro” solo perché non in linea con i loro pregiudizi naturalistici, evoluzionistici o ritualistici. […] Non troverete nessun altro traduttore vedico italiano o di altra lingua (eccetto Sri Aurobindo) che specifichi con chiarezza l’identità delle importanti figure rigvediche. Dopo avere letto tutte le traduzioni in tedesco, inglese e hindi, posso dire che il volume di Iorco non è eguagliato, per qualità e profondità, da nessun’altra opera». Franco Battiato salutò tale edizione definendola «bellissima — un’opera straordinaria».
Da quando ha abbandonato le scene, Tommaso ha preso a dedicarsi con assiduità ancora maggiore alla propria produzione poetica, nonché alla traduzione di The Life Divine, la maggiore opera in prosa di Sri Aurobindo.