SINGOLARITARIANISMO


Questo termine, introdotto dallo scrittore di fantascienza (e professore di matematica) Vernor Vinge all’inizio degli anni Novanta e successivamente adottato da ricercatori e studiosi di tecnologia, viene associato a un salto evolutivo verso una sorta di “sovrumanità” che usufruirà di menti capaci di interfacciarsi direttamente alle intelligenze artificiali, e di corpi cyborg tecnicamente e geneticamente manipolati, superpotenziati e dotati di protesi sensoriali.

Vinge raccolse i suoi pensieri nel primo articolo sull’argomento nel 1993, con il saggio “Technological Singularity”. Da allora, questo tema è stato il soggetto di molte storie e scritti futuristici e di fantascienza. Il saggio di Vinge contiene l’affermazione spesso citata che «entro trent’anni avremo i mezzi tecnologici per creare una intelligenza sopraumana. Poco dopo, l’èra degli esseri umani finirà».

La singolarità di Vinge è comunemente ed erroneamente interpretata come l’affermazione che il progresso tecnologico crescerà all’infinito, come avviene in una singolarità matematica. In realtà, il termine è stato scelto come una metafora prendendolo dalla fisica e non dalla matematica: mentre uno si avvicina alla singolarità, i modelli di previsione del futuro diventano meno affidabili, esattamente come i modelli della fisica vanno a pezzi mentre uno si avvicina a una singolarità gravitazionale.

La singolarità è stata analizzata nelle sue implicazioni anche da Ray Kurzweil, noto futurologo statunitense. Kurzweil si è costruito un’ottima reputazione come ingegnere, inventando e costruendo la prima macchina che permette ai ciechi di leggere. Per questa e altre invenzioni ha ricevuto importanti premi e riconoscimenti, oltre al fatto che ben dodici università gli hanno assegnato il dottorato honoris causa.
Kurzweil ritiene la curva del progresso doppiamente esponenziale e non semplicemente esponenziale come indica la legge di Moore. Questo perché la legge di Moore riguarda soltanto lo sviluppo dei circuiti integrati. Ma il circuito integrato è semplicemente il quinto paradigma dell’intelligenza artificiale (i primi quattro sono costituiti dai dispositivi meccanici, i relè, le valvole e i transistor) e sarà presto superato, probabilmente da dispositivi nanotecnologici (nanotubi al carbonio, computer quantistici) o addirittura organici (DNA-computing). Ciò significa che non è corretto fare previsioni sulla base del tasso di crescita di oggi, perché lo stesso tasso di crescita sta a sua volta crescendo. Data la nostra errata percezione del progresso, da un punto di vista psicologico ci ritroveremo in soli 100 anni proiettati nel futuro di ben 20mila anni. Ecco perché Kurzweil è persuaso che l’orizzonte postumano sia molto più vicino di quanto comunemente si creda.

Sta di fatto che la singolarità è spesso vista come la fine della civilizzazione umana e la nascita di una nuova civiltà. Dopo la creazione di una intelligenza sopraumana, secondo Vinge, gli esseri umani costituiranno, al suo confronto, una forma di vita inferiore.
Ma i più scettici (fra i quali figurano Samuel Butler e Bruce Sterling) mettono in guardia piuttosto sulla raccapricciante eventualità di un salto involutivo dell’essere umano, destinato a soccombere in uno stato di schiavitù di fronte alla prossima generazione di ibridi cyborg intelligenti. Secondo Arthur Clarke (il celebre creatore del supercalcolatore ribelle di “2001 Odissea nello Spazio”), i computer supereranno le nostre capacità intellettuali, dopodiché «potremo solo sperare che ci trattino con benevolenza».