ERA CONTEMPORANEA

Le idee della rivoluzione francese, soprattutto il concetto di patria e di nazione, che le armate napoleoniche avevano diffuso in tutta Europa, non furono spazzate via dalla caduta di Napoleone e dal ritorno dei sovrani. Ma di ciò non tenne conto il congresso di Vienna (1.814-1.815) al quale parteciparono monarchi e ministri di tutti gli Stati europei, con l’intento di dare all’Europa un assetto stabile, ignorando le aspirazioni dei popoli all’indipendenza e alla libertà. Di lì a poco scoppiarono in varie parti d’Europa i primi moti rivoluzionari. Fra il 1.820 e il 1.822, Spagna, Portogallo, regno di Napoli, Piemonte, furono teatro di moti insurrezionali (che avevano come scopo l’ottenimento di una costituzione), repressi in modo sanguinoso dagli austriaci (in Piemonte) e dalla cosiddetta Santa Alleanza (Vienna, Russia, Austria e Prussia).
Anche i greci accesero focolai di rivolta contro la dominazione turca e, per puro caso, raggiunsero l’indipendenza dagli ottomani.
In Francia, la salita al trono del liberale Luigi Filippo d’Orléans, suscitò speranze che si rivelarono eccessive.
In Inghilterra e poi in tutta Europa la rivoluzione industriale ebbe gravi ripercussioni sociali, dando origine a una nuova classe sociale, il proletariato, e la nascita del socialismo (in Francia con Saint-Simon e Proudhin, in Inghilterra con Marx e Engels).
In Italia, Giuseppe Mazzini organizzò moti insurrezionali (tutti stroncati dalla polizia) in Piemonte, in Savoia e a Genova. Nel 1.848 Ferdinando II di Napoli, costretto dallo scoppio di una rivoluzione in Sicilia, concesse la Costituzione; in breve furono costretti a seguire il suo esempio Leopoldo II di Toscana, Carlo Alberto e papa Pio IX. Poi, una grave crisi nel settore dell’agricoltura e dell’industria fece precipitare nel 1.848 la situazione politica europea. Scoppiarono numerose insurrezioni — a Parigi, a Vienna, a Praga, a Budapest — che costrinsero i principi a concedere riforme e a indire una assemblea di rappresentanti di tutti gli Stati per elaborare una nuova costituzione. In Italia si sollevò Venezia, poi Milano e altre città della Lombardia e del Veneto, Napoli, Firenze, Roma. Ma la prima guerra d’indipendenza si concluse con la riconquista di buona parte di queste città da parte di Radetzky.
All’ondata rivoluzionaria del 1.848-49 seguì in Europa un periodo di assestamento. Con Luigi Bonaparte la Francia cercò di riconquistare una posizione di supremazia in Europa e portò avanti l’espansione coloniale in Africa e in Asia. Negli Stati italiani, eccetto il Piemonte, i governi reazionari ripresero il sopravvento. In Piemonte, Carlo Alberto fu sconfitto a Novara; il nuovo re, Vittorio Emanuele II, sciolse il Parlamento e indisse nuove elezioni che diedero maggioranza ai moderati; il governo presieduto da D’Azeglio avviò una politica di riforme. Nel 1.852 a D’Azeglio succedette Camillo Benso di Cavour. Ponendo all’attenzione delle grandi potenze il problema dell’unità italiana, Cavour ottenne da Napoleone III un impegno all’appoggio della Francia nel caso che l’Austria avesse attaccato il Piemonte; e a guerra vinta, la cessione a Vittorio Emanuele II del Lombardo-Veneto (in cambio il Piemonte avrebbe ceduto alla Francia la Savoia). La guerra si ebbe nel 1.859. Napoleone III sconfisse gli austriaci, mentre Garibaldi vinceva a Varese e a San Fermo. Le battaglie di Solferino e San Martino concludevano la liberazione della Lombardia. A questo punto Napoleone III, rendendosi conto che queste vittorie andavano a esclusivo vantaggio della monarchia sabauda e temendo la reazione che avrebbero provocato in Francia le numerose perdite subite, firmò con l’imperatore austriaco l’armistizio di Villafranca (11 luglio 1.859). Anche Vittorio Emanuele II lo firmò, provocando le dimissioni di Cavour, che voleva continuare la guerra senza la Francia. Intanto nell’Italia centrale i patrioti insorti chiedevano l’annessione al Piemonte. La ottennero grazie alla mediazione di Cavour che, tornato al governo, per ottenere il consenso di Napoleone III, gli cedette Nizza e la Savoia. In Sicilia, contro la tendenza di Cavour a fare l’unità d’Italia per via diplomatica, i mazziniani agirono affidandosi all’iniziativa popolare, culminata con la spedizione dei Mille guidata da Garibaldi fra il 5 maggio e il 7 settembre del 1.860. Preoccupato dal successo dell’impresa, Cavour sventò il tentativo di Garibaldi di proseguire fino alla liberazione di Roma, cosa che avrebbe provocato l’intervento di Napoleone III. Le Marche e l’Umbria furono poco dopo annesse al Piemonte, cosí come i territori delle Due Sicilie che Garibaldi consegnò a Vittorio Emanuele a Teano. Il 17 marzo 1.861 il primo Parlamento italiano proclamò a Torino la nascita del regno d’Italia. All’unificazione nazionale mancavano ancora Roma e le Venezie.
Nel 1.862 Ottone von Bismarck, divenuto cancelliere di Prussia, diede inizio a una dinamica azione politica volta a riunire gli Stati in cui era divisa la Germania in una potente unità politica sotto la guida della Prussia. In breve, l’Austria fu costretta a riconoscere la Confederazione degli Stati prussiani sotto la presidenza del re di Prussia, e dovette pure concedere l’autonomia agli ungheresi, trasformandosi in impero austro-ungarico (due paesi distinti ma governati da uno stesso monarca). Napoleone III fu trascinato in guerra dalla Prussia, e venne sconfitto. All’indomani della sconfitta, la Francia si diede un governo repubblicano e dovette accettare pesanti condizioni di pace. Nel 1.871 Guglielmo I di Prussia fu proclamato imperatore di Germania.

Possiamo prendere il 1.872 come anno centrale in cui l’assetto del mondo inizia a cambiare radicalmente — vediamo in che modo.
Fra il 1.861 e il 1.876 vennero portati a soluzione i due maggiori problemi rimasti aperti dopo la morte di Cavour: il completamento dell’unità italiana (con la liberazione di Roma e del Veneto) e l’unificazione amministrativa e legislativa. Fu il ministro Ricasoli a dividere il paese in province e comuni retti da funzionari nominati dal re.
Nel 1.875 una rivolta di bulgari contro l’impero ottomano diede occasione alla Russia di intervenire nei Balcani. Bismarck strinse con l’Austria-Ungheria e con l’Italia un patto detto Triplice Alleanza, che creava un potente blocco al centro dell’Europa. Ma il nuovo imperatore Guglielmo II, allontanando Bismarck, instaurò una politica aggressiva. Alla Triplice Alleanza la Francia contrappose un patto con la Russia e l’Inghilterra (Triplice Intesa).
La Gran Bretagna, padrona di un quarto del territorio mondiale, era diventata la maggiore potenza del mondo.
Negli Stati Uniti maturava un contrasto fra Stati del nord (prevalentemente industriali) e quelli agricoli del sud, che sfruttavano il lavoro degli schiavi. Quando nel 1.861 fu eletto presidente Abramo Lincoln, deciso antischiavista, undici Stati del sud si dichiararono indipendenti dall’Unione. Seguì un’aspra guerra civile che terminò nel 1.865 con la vittoria degli Stati del nord. Da quel momento un prodigioso sviluppo industriale fece degli Stati Uniti d’America una delle nazioni più potenti del mondo.
L’Africa era quasi completamente spartita tra Francia e Inghilterra.
In Asia cresceva la potenza economica del Giappone.
In Italia, il governo progressista di Agostino Depretis varò alcune importanti riforme (l’istruzione elementare obbligatoria, l’abolizione della tassa sul macinato, l’allargamento del suffragio). Ma il successore di Depretis, il filo-monarchico Francesco Crispi, assunse un atteggiamento repressivo verso il movimento operaio, e ciò provocò l’inasprirsi dei moti dei lavoratori. L’Italia attraversò un momento di grave crisi, che sfociò nel 1.900 nell’uccisione di Umberto I. Il regno passò a Vittorio Emanuele III. Fu l’epoca del governo Giolitti, in equilibrio fra aspirazioni democratiche e tendenze conservatrici, che comunque favorì l’organizzazione di associazioni di lavoratori. L’età giolittiana coincise con un periodo di rapida crescita industriale. In politica estera Giolitti si staccò dalla Germania e cercò di riavvicinarsi alla Francia. Dopo i brogli elettorali e la corruzione di cui Giolitti si serviva per mantenere il potere, nel 1.914 fu costretto a lasciare il governo a Antonio Salandra.
Il primo quindicennio del XX secolo fu un periodo di progresso industriale, in cui però iniziarono a farsi evidenti le contraddizioni strutturali d questo sistema.
La Triplice Alleanza e la Triplice Intesa erano al loro interno lacerate da contrasti.
La rivalità fra Germania e Francia si acuì, soprattutto a causa degli atteggiamenti intimidatori di Guglielmo II. Nel 1.906 e nel 1.911 le due nazioni furono vicine allo scontro, ma l’intervento delle diplomazie europee evitarono la guerra.
Altra zona estremamente delicata erano i Balcani, dove i popoli slavi sottomessi all’Austria aspiravano all’indipendenza, chiedendo l’appoggio della Russia.
Quando nel 1.908 l’Austria decise di annettersi la Bosnia e l’Erzegovina, molte nazioni europee protestarono ma senza risultato. La tensione esplose in occasione della guerra italo-turca per il possesso della Libia; la Turchia perse nella prima guerra balcanica quasi tutti i possedimenti europei. La spartizione di questi territori portò alla seconda guerra balcanica: la Bulgaria, sostenuta diplomaticamente dall’Austria, fu sconfitta dalla Serbia, forte dell’appoggio della Russia, e dovette cedere numerosi territori. L’Austria, uscita sconfitta, attendeva l’occasione di rifarsi contro i serbi e da questo contrasto doveva nascere la scintilla della prima guerra mondiale.
L’assassinio dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando (28 aprile 1.914) da parte di un nazionalista serbo costituì il pretesto per la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia. Si mise così in moto il meccanismo delle alleanze che diede alla guerra dimensioni europee e mondiali: da una parte le potenze dell’Intesa (Francia, Russia, Inghilterra, presto affiancate da Giappone e Romania), dall’altra gli imperi centrali (Austria-Ungheria e Germania, cui si aggiunsero l’impero ottomano e la Bulgaria). L’Italia si mantenne neutrale fino al 2 maggio 1.915, quando decise di intervenire contro l’Austria, nonostante la maggioranza del paese fosse ostile all’entrata in guerra. Nel 1.917 il tentativo della Germania di spezzare il blocco navale inglese provocò l’intervento degli USA a fianco dell’Intesa. Intanto la Russia, a causa dello scoppio della rivoluzione del 1.917, fu costretta a uscire dal conflitto. In Italia, gli austro-tedeschi sfondarono a Caporetto (ottobre 1.917), costringendo le truppe italiane a ritirarsi sul Piave. In Francia, i tedeschi giunsero a minacciare Parigi. Ma gli imperi centrali erano ormai stremati e il massiccio arrivo in Europa delle truppe americane contribuì a rovesciare la situazione.
Con la battaglia vittoriosa di Vittorio Veneto, l’Italia costringeva alla resa l’Austria-Ungheria (4 novembre): l’impero asburgico si dissolse. Anche in Germania, una rivoluzione portò alla fuga di Guglielmo II e alla proclamazione della repubblica, la quale l’11 novembre firmò l’armistizio.
Alla Conferenza della pace (Parigi 1.919-1.920) si scontrarono la politica del presidente USA, Wilson (il quale chiedeva giuste condizioni di pace, ispirate al principio della autodeterminazione dei popoli), e la politica di potenza (o prepotenza) di Inghilterra, Francia e Italia.
Il trattato di Versailles impose alla Germania oppressive condizioni di pace. Il trattato di Saint-Germain ridusse l’Austria a una piccola repubblica e dovette cedere l’Alto Adige, il Trentino, Trieste e l’Istria all’Italia. L’Ungheria fu dichiarata regno autonomo. Nacquero dalla spartizione dei territori austro-ungarici e dai territori strappati alla Russia la repubblica di Polonia, la repubblica di Cecoslovacchia, il regno di Jugoslavia, il regno di Albania e le repubbliche della Lituania, dell’Estonia, della Lettonia e della Finlandia.
In Russia, la spinta rivoluzionaria portò alla abdicazione dello zar e alla istituzione di un governo provvisorio guidato prima dai liberali, poi dai socialisti moderati. Con la successiva rivoluzione d’ottobre il potere fu assunto dai bolscevichi guidati da Lenin, il quale emanò una serie di decreti che stabilivano l’uscita dalla guerra, la distribuzione della terra ai contadini, il controllo delle fabbriche da parte degli operai. La reazione alla instaurazione del regime socialista fu aspra, e la guerra civile portò a una grave crisi economica, sottoponendo ogni attività produttiva a un ferreo controllo statale (1.917-1.921). Nel 1.921 Lenin fece adottare una nuova politica economica, che restituiva all’iniziativa privata alcuni settori produttivi. Nel 1.922 il congresso del partito Comunista proclamò l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Morto Lenin nel 1.924, la guida del paese fu assunta da Stalin (contro l’opposizione capeggiata da Trotzkij) e la rivoluzione di Lenin venne distrutta nella sua essenza, lasciandone solo l’apparenza. Stalin prese a liberarsi dei suoi avversari politici, instaurando un regime basato sulla polizia e sul terrore. I suoi piani quinquennali portarono l’URSS a diventare una delle grandi potenze mondiali.
Nel primo decennio del dopoguerra nacque, per iniziativa del presidente Wilson, la Società delle Nazioni, allo scopo di escludere per il futuro il ricorso alla guerra. Ma una volta caduto Wilson, gli stessi USA si rifiutarono di entrare nella Società delle Nazioni. L’Inghilterra, perduta la supremazia mondiale, assistette all’affermazione del partito laburista come grande partito di opposizione. In Germania la repubblica di Weimar dovette affrontare un drammatico dopoguerra: crisi finanziaria, miseria, disoccupazione. Ciò favorì l’avvento al potere del partito nazista guidato da Adolf Hitler, che portò alla instaurazione di un regime tirannico razzista all’interno, aggressivo e espansionistico all’esterno.
Nel Medio Oriente la Turchia, sorta dallo smembramento dell’impero ottomano, trovò in Atarurk un uomo capace di dare un volto moderno al paese. Irak e Palestina divennero mandati inglesi; Libano e Siria mandati francesi. L’Egitto ottenne nel 1.922 l’indipendenza.
In Italia il primo dopoguerra fu segnato da una profonda crisi sociale e economica: bassi salari, scioperi, agitazioni, disoccupazione. Della crisi, acuitasi con la caduta di Giolitti, approfittò Mussolini, capo del partito fascista, il quale conquistò il potere con la forza (marcia su Roma, 1.922). Mussolini instaurò in breve la dittatura, facendo assassinare Matteotti e abolendo tutte le libertà costituzionali.
Nel 1.929 una grave crisi economica colpì gli USA. Solo una profonda trasformazione della politica economica attuata dal nuovo presidente Roosevelt poté sanare la situazione.
In Spagna, l’appoggio di Hitler e Mussolini portò, dopo una sanguinosa guerra civile (1.936-39) alla dittatura del generale Francisco Franco.
Mentre Germania e Italia consolidavano la loro alleanza (asse Roma-Berlino, 1.936; Patto d’acciaio, 1.939), Inghilterra e Francia, pur di scongiurare la guerra, permisero nel 1.939 che Hitler smembrasse e occupasse la Cecoslovacchia e che l’Italia annettesse l’Albania.
Di fronte a ulteriori pretese, avanzate da Hitler sulla Polonia, le potenze occidentali irrigidirono il loro atteggiamento: le garanzie da esse offerte alla Polonia e il patto di non aggressione russo-tedesco furono le premesse della seconda guerra mondiale.
Anche in Estremo Oriente la situazione precipitava verso un conflitto mondiale. La Cina, dove era in corso una guerra civile fra le forze nazionaliste del Kuo-ming-tang e i comunisti guidati da Mao Tse-Tung, fu invasa nel 1.937 dal Giappone, che nel 1.940 stipulò un patto tripartito con Germania e Italia.
Nel 1.939 la Polonia venne attaccata dai nazisti, provocando l’intervento di Francia e Inghilterra. Alla fine di settembre la Polonia fu costretta a capitolare.
Nel 1.939-40 l’intervento dell’URSS contro la Finlandia costrinse quest’ultima a cedere alcune basi militari.
Nel 1.940 la Germania invade la Norvegia e la Danimarca, diresse i suoi attacchi contro la Francia occupando l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo allo scopo di aggirare le difese francesi della linea Maginot. L’esercito francese e un corpo di spedizione britannico vennero travolti dall’avanzata tedesca.
Il 10 giugno l’Italia dichiarò guerra all’Inghilterra e alla Francia. Il 22-24 giugno la Francia fu costretta a capitolare. Fallirono l’offensiva italiana in Egitto e il tentativo dell’Italia di occupare la Grecia (anche a causa dell’ostilità degli italiani di fronte alla guerra, che iniziarono a organizzarsi in cellule partigiane allo scopo di minare dall’interno la dittatura fascista).
Nel 1.941 l’intervento tedesco permise la conquista della Grecia. Truppe italo-tedesche invasero la Jugoslavia.
Nell’Africa settentrionale l’invio in Libano di un corpo corazzato tedesco al comando di Rommel permise la ripresa dell’offensiva contro le truppe britanniche.
L’URSS venne invasa dalle truppe tedesche che, con rapida avanzata, giunsero a minacciare Mosca.
Il Giappone (alleatosi nel 1.940 con Germania e Italia: patto Tripartito) attaccò la flotta americana a Pearl Harbour, provocando l’entrata in guerra degli USA.
Nel 1.942, mentre il Giappone conquistava il dominio del Pacifico e minacciava i possessi inglesi in India, in Africa Rommel si spinse fino a El Alamein. Sul fronte russo, i tedeschi (affiancati da truppe italiane) occuparono la Crimea e il Caucaso e posero l’assedio a Stalingrado sul Volga.
Mentre nei paesi occupati dalle forze nazifasciste si sviluppava la Resistenza, l’iniziativa passò alle potenze alleate. In Africa, un’armata britannica sbaragliò gli italo-tedeschi a El Alamein obbligandoli a ritirarsi in Tunisia, dove, con l’aiuto delle truppe americane sbarcate in Algeria e nel Marocco francese, li costrinse alla resa (12 maggio 1.943).
Sul fronte russo, i sovietici annientarono l’armata tedesca che assediava Stalingrado (febbraio 1.943) e sfondarono la linea nemica sul Don.
Lo sbarco anglo-americano in Sicilia ebbe come risultato la caduta di Mussolini e quindi la resa dell’Italia (8 settembre 1.943). Il governo Badoglio, pur continuando la guerra a fianco dei tedeschi, trattò in segreto l’armistizio con gli alleati; in seguito, i patrioti della città e le formazioni partigiane delle montagne, liberate le principali città prima ancora dell’arrivo degli alleati, costrinsero alla resa i nazifascisti.
Mentre lo sbarco degli alleati in Normandia (6 giugno 1.944) aprì un nuovo fronte in Europa, i sovietici sferrarono una poderosa controffensiva.
Il passaggio del Reno (marzo 1.945) da parte delle truppe alleate e l’invasione della Germania orientale da parte dei sovietici portarono la guerra in territorio tedesco. Il 7-8 maggio la Germania firmò la resa incondizionata. L’incubo nazista ebbe finalmente fine.
Nonostante la creazione dell’ONU, i contrasti fra le nazioni occidentali e l’URSS impedì l’approvazione di un trattato di pace con la Germania che venne divisa in una zona occupata dai sovietici (Repubblica Democratica Tedesca) e una zona occupata dagli ango-franco-americani (Repubblica Federale Tedesca).
I trattati di pace con l’Italia e gli altri paesi satelliti dell’Asse furono firmati a Parigi nel 1.947, quello con il Giappone a San Francisco nel 1.951.
Il secondo dopoguerra divise il mondo attorno a due potenze mondiali, l’URSS e gli USA, le quali impersonavano concezioni diverse del vivere sociale e della stessa democrazia. Delle tre parole chiave della Rivoluzione francese, l’URSS pareva prediligere la parola uguaglianza (che venne tradotta nella pratica come un appiattimento verso il basso), mentre gli USA parevano preferire la parola libertà (ma anche in questo caso il travisamento portò a confondere libertà con liberismo selvaggio). Solo l’ombra ammonitrice dell’esplosione atomica poté allontanare fin dall’inizio lo scontro frontale al quale sembravano fatalmente andare incontro i due blocchi, premessa di una terza guerra mondiale che avrebbe segnato la fine del genere umano. Sono gli anni della cosiddetta “guerra fredda”, che alcuni storici considerano comunque come una terza guerra mondiale sui generis.
Questo periodo segna anche la fine degli imperi coloniali. Fra i paesi che conquistarono l’indipendenza dopo la seconda guerra mondiale l’India merita un posto di rilievo (per la vastità del territorio, per il numero degli abitanti, per l’importanza della vetusta civiltà indiana e per il suo immenso contributo culturale fin dalla più remota antichità). Da segnalare anche l’Indocina (smembrata fra gli Stati sovrani del Laos, della Cambogia e del Vietnam), l’Indonesia e Cuba.
La guerra fredda si protrasse per quasi tutta la seconda metà del XX secolo, con momenti di alterna asprezza, fino all’improvviso crollo del regime socialista nel 1.989 in URSS e, di rimando, in tutti i paesi comunisti. In Germania venne abbattuto il muro di Berlino e avvenne l’unificazione del paese. In altre aree iniziarono guerre civili (in Serbia, in Albania, in alcune aree dell’ex URSS) dovute all’emergere di rivendicazioni etnico-religiose per la spartizione dei territori non più occupati dal regime totalitario socialista.

Il problema razziale è uno dei problemi più delicati del mondo attuale, assieme allo sfruttamento e alla povertà del cosiddetto “Terzo Mondo”, all’impressionante crescita della popolazione mondiale (6 miliardi nel 1.999, di cui più di un miliardo cinesi e un miliardo indiani), ai problemi legati all’inquinamento. E, alla base di tutto ciò, l’incapacità umana di superare gli angusti confini dell’ego, causa di tutte le discordie interne e esterne. Ecco perciò che si profila, all’orizzonte del Terzo Millennio nel quale l’umanità è entrata, un grande interrogativo: la fine della civiltà, oppure l’emergenza di un nuovo essere più evoluto che prenda il posto dell’essere umano?