ILIO


storicità della guerra di Troia


aria nuova edizioni


Nel 1870 gli studiosi erano d’accordo sul fatto che la guerra di Troia non avvenne ma era soltanto frutto di una mente ingegnosa. Heinrich Schliemann cambiò però le carte in tavola, scoprendo, con stupore di tutti, la città di Troia in Asia Minore e quella di Micene in Grecia.
Schliemann, seguendo alla lettera le descrizione dell’Iliade, fece degli scavi su una collinetta sulla quale sorgeva il villaggio turco di Hissarlick: trovò effettivamente una antica città;anzi trovò molti strati, ciascuno dei quali corrispondeva a una città. Non ebbe nessun dubbio nell’identificare in una di essa la Troia omerica e, in una serie di oggetti ritrovati, il “tesoro di Priamo”. Schliemann, però, non era un archeologo ma un ricco mercante con la passione dell’archeologia e con il sogno, covato fin da giovane, di ritrovare la Troia cantata da Omero. Scavò in fretta e senza metodo, per cui molti elementi preziosi per identificare i reperti, andarono irrimediabilmente perduti. Altri archeologi continuarono poi, con maggiore competenza, le ricerche e ritennero di identificare la Troia omerica in un altro strato. Le ultime ricerche sono state eseguite, recentemente, da una spedizione guidata dal prof. Manfred Korfmann dell’università di Tubinga.
Ciò che si è accertato è che il luogo è stato abitato dalla preistoria (dal 3200 a.C.) fino ai nostri giorni. Si contano nove strati: periodicamente la città veniva distrutta, ma risorgeva dopo qualche tempo usando come fondamenta le rovine della precedente: si tratta di un procedimento molto comune che ritroviamo un po’ dappertutto. Evidentemente il sito era considerato particolarmente idoneo, trovandosi in un luogo elevato dominante l'importantissimo stretto dei Dardanelli (l’Ellesponto per i greci).

Oggi la maggior parte degli studiosi sono d’accordo sul fatto che la guerra di Troia sia un fatto realmente accaduto, un conflitto fra greci e troiani, dubitano però sul fatto che gli scritti di Omero narrino fedelmente la vicenda. Nel ventesimo secolo alcuni studiosi hanno tentato di proporre delle conclusioni basandosi su testi hittiti e dell’antico Egitto, contemporanei ai fatti della guerra di Troia. Mentre loro danno una descrizione generale della situazione politica nella regione al tempo, le loro informazioni su questo particolare conflitto sono limitate. Gli archivi hittiti, come le lettere di Tawagalawa, parlano di un regno di Ahhiyawa (Achea, o Grecia) che giace oltre il mare (identificabile con l’Egeo) e controlla Milliwanda, nome con cui è riconoscibile Mileto. Inoltre in questa e in altre lettere viene menzionata la cosiddetta confederazione di Assuwa, formata da 22 città, di cui fa parte anche Wilusa, la Ilio (o Troia) omerica. Un’altra lettera, quella di Milawata, spiega che questa città si trova nella zona nord della confederazione di Assuwa, oltre il fiume Seha. L’identificazione di Wilusa con Troia fu controversa negli anni Novanta ma guadagnò l’accettazione della maggioranza. Nel trattato di Alaksandu (1280 a.C.) il re della città è chiamato Alaksandu, deve essere notato che il nome che Omero ci dà di Paride, il figlio di Priamo (ma anche altri testi) è Alessandro. La lettera di Tawagalawa, indirizzata al re Ahhiyawa dice: «Ora noi siamo venuti ad un accordo su Wilusa, sulla quale noi andammo a guerreggiare». Precedentemente, sotto il dominio hittita, la confederazione di Assuwa disertò dopo la battaglia di Kades fra egizi e hittiti (1274 a.C.). Nel 1230 a.C. il re hittita Tudhaliya IV (1240-1210 a.C.) partecipò a una campagna contro questa federazione. Sotto il dominio di Arnuwanda III (1210-1205 a.C.) gli hittiti furono costretti a abbandonare le loro terre nella costa dell’Egeo. È probabile dunque che la guerra contro Troia sia stato un conflitto fra il re di Ahhiyawa e la confederazione di Assuwa. Questa visione è stata sostenuta perché l’intera guerra include inoltre lo sbarco in Misia (e il ferimento di Telefo), le campagne di Achille nel nord dell’Egeo, le campagne in Tracia e Frigia di Aiace Telamone. La maggior parte di queste regioni facevano parte della confederazione di Assuma. Si nota inoltre che c’è una grande somiglianza fra i nomi dei cosiddetti "Popoli del Mare" che in quel tempo facevano scorrerie in Egitto, come sono elencati da Ramses III e Merneptah, e i nomi degli alleati di Troia. Ancora vi è dibattito sull’esistenza reale di quei fuochi che passando per tutta la Grecia avvertivano agli achei rimasti in patria l’esito della guerra o se questa sia soltanto un’invenzione di Eschilo. Mentre c’è chi attesta che ci fosse davvero questa rete di comunicazione al tempo della Grecia antica e del periodo bizantino, non sappiamo se vi era ai tempi della guerra di Troia. Eschilo è l’unica fonte che lo menziona. Il fatto poi che la maggior parte degli eroi achei, tornati dalla guerra, abbiano deciso di non tornare in patria ma di fondare colonie in altri luoghi viene spiegato da Tucidide con la motivazione che quelle città, senza un comandante, erano in declino a causa della loro assenza. Oggi l’interpretazione più seguita dagli studiosi è che i comandanti achei furono cacciati dalle loro terre per dei tumulti alla fine dell’epoca micenea e preferirono richiamare i discendenti dall’esilio della guerra di Troia.
Anche se Micene, grande potenza marina, scagliò contro Troia un esercito di 1200 navi, e sebbene Paride avesse costruito una flotta prima di partire verso Sparta, nell’Iliade non vi è nessuna battaglia marina. Perecleo, il costruttore navale di Troia combatte a piedi. Gli eroi dell’Iliade sono abbigliati accuratamente e rivestiti di armature splendide e ben disegnate. Loro percorrevano il campo di battaglia sopra carri da guerra, da lassù scagliavano una lancia sulla formazione nemica, scendevano, tiravano l’altra lancia, dopodiché prendevano parte al combattimento corpo a corpo. Aiace Telamonio portava con sé un gigantesco scudo a forma di torre che non solo proteggeva lui ma anche il fratello Teucro: «Nono giunse Teucro tendendo l’arco ricurvo, e si pose dietro lo scudo di Aiace di Telamone; quando Aiace spostava lo scudo, l’eroe prendeva la mira e scagliava un dardo nel folto: e se colpiva un guerriero e questo cadeva esalando la vita, allora — come un fanciullo che dietro alla madre si cela — tornava da Aiace che lo copriva dietro lo scudo lucente» (Omero, Iliade canto VIII). Lo scudo di Aiace era pesante e difficile da portare. In questo modo era più facile difendersi che attaccare. Suo cugino Achille invece portava con sé, insieme alla celebre lancia guaritrice e feritrice allo stesso tempo, uno scudo largo e rotondo e maneggevole, che portò diversi successi contro i troiani. Lo scudo dei soldati semplice era invece rotondo o ottagonale. A differenza degli eroi loro difficilmente avevano una corazza e contavano soltanto sullo scudo per difendersi. Omero descrive in alcuni momenti una formazione da battaglia molto simile alla falange, sebbene questa appaia solo nel VII secolo a.C. Ma era davvero in questa maniera che fu combattuta la guerra di Troia? La maggior parte degli studiosi crede di no. Il carro era il mezzo principale in questa guerra, come nella battaglia di Kadesh. Comunque si evidenzia nei dipinti del palazzo di Pilo che i greci combattessero sul carro da guerra in coppia, l’auriga e il combattente, con una lancia lunga in mano, a differenza dei carri a tre hittiti, con due guerrieri con lance corte, o quelli egiziani, con arco e frecce. Omero è consapevole di questo e nell’Iliade è evidenziato l’uso principale del carro in guerra.
Nestore dice nel quarto libro dell’Iliade: «Nessuno — fidando nella sua forza e nei suoi cavalli — osi affrontare i troiani da solo, davanti agli altri, e neppure si tiri indietro; sareste più deboli; ma se uno di voi dal suo carro può raggiungere un carro nemico, tenda la sua lancia, sarà molto meglio; così i nostri padri distruggevano mura e città, con questo pensiero, con questo ardore nel petto» (Iliade, canto IV). Per Omero questo è però un modo di combattere antiquato, usato principalmente da vecchi combattenti o da uomini di un piccolo regno, come Pilo. Nestore descrive una battaglia fra Pilo e Elis, il cui mezzo principale era il carro da guerra. In quel periodo era giovane, ma al tempo della guerra di Troia Nestore è molto anziano. Achille usa invece il suo carro principalmente per avanzare dietro le file nemiche e colpire da dietro, provocando così un terribile massacro. Karykas crede che la lotta sui carri da guerra sia stata abbandonata dai greci poco prima della guerra di Troia e che quindi Omero descriva i fatti come sono realmente accaduti.