Alkesti
e i Misteri eleusini


Il dramma lirico in cinque atti Alkesti che Tommaso Iorco ha pubblicato nel 2001 ci permette, fra le altre cose, di riflettere sulle fondamenta greche della civiltà occidentale.
Troppo spesso ci si dimentica che in Tessaglia, in cui la leggenda di Alkesti e di Admetos è diventata popolare, la divinità si manifesta anzitutto come pura forza. E “forza” (alké) è il nome di Alkesti, che Tommaso ha appositamente lasciato nel suono originale, abbandonando la più nota italianizzazione in Alcesti.
Tutto il testo drammaturgico è imperniato sul contrasto fra la Morte e la Forza (soprattutto in quanto forza d’Amore). Il dio Apollo figura qui come il padre di Alkesti — ed è noto quanto Apollo amasse giocare spesso al margine della morte, minacciando il regno dello stesso Zeus. Come ha scritto Roberto Calasso, Zeus sa che quel gioco di Apollo, «se abbandonato a se stesso, preluderebbe l’avvento di una nuova èra, al dissesto dell’ordine olimpico. Nel segreto, in un segreto a cui è rarissimo persino che si alluda, Apollo è per Zeus ciò che Zeus era stato per Crono. Anche sotto il sole dei morti, fra gli armenti in Tessaglia, Apollo non dimentica la sua sfida, e vuole strappare, seppure soltanto per una proroga, l’amato indomabile Admeto a quel momento in cui “il giorno fissato gli fa violenza”.
Su queste basi si innesta poi la vicenda di Persefone e la sua risalita al mondo dei viventi, pegno di promessa di vittoria sulla morte. Siamo al centro dei Misteri greci, culto che si protrasse per un paio di millenni e che aveva il suo maggiore centro nel tempio di Eleusi, a 19 km a ovest di Atene. Il tempio era situato attorno a una grotta che, si riteneva, costituiva l’ingresso al mondo sotterraneo e, insieme, corrispondeva al luogo dove la dea Persefone venne rapita dopo essere stata stregata da Ade, il Signore della Morte, che la costrinse a vivere con lui in qualità di regina dell’oltretomba.
La madre di Persefone, la dea Demetra, cercò invano di farsi restituire la figlia, ma riuscì solo a permettere che un giorno all’anno potesse fare ritorno sulla terra. Questo ritorno era per gli iniziati ai misteri eleusini il segno della vittoria sulla morte o, per lo meno, il pegno di una rinascita. Simbolicamente, questo evento annuale corrispondeva all’inizio della primavera.
Persefone, nell’opera poetica di Iorco, risale proprio nel giorno in cui Alkesti si sostituisce al marito Admeto e scende nell’oltretomba. Come l’Autore stesso indica nella breve introduzione contenuta in apertura del libro, la propria rivisitazione dell’antico mito, derivante da una antichissima leggenda indoeuropea, pone in rilievo l’aspetto simbolico del mito originario, che nella tragedia scritta da Euripide nel 438 a.C. appare già sbiadito (il fatto stesso di avere sostituito la dea Persefone originaria con il mascolino Eracle è emblematico di questa svalutazione del vero senso).
Ma torniamo al tempio di Eleusi. La struttura più antica del tempio venne eretta intorno al 1500 a.C. e, nei secoli successivi, altre strutture si aggiunsero al complesso iniziale. I misteri venivano celebrati a settembre, in un evento che durava dieci giorni, aperto praticamente a tutti (a eccezione di quanti si erano macchiati di omicidio). Il rito aveva inizio da una processione che partiva da Atene, diretta al tempio dove si celebravano i Misteri, durante i quali ne avveniva la rivelazione, la cosiddetta epopteia.
Gli aspiranti-iniziati venivano condotti all’interno del tempio e, attraverso svariati rituali, potevano conoscere il prodursi di un evento segreto e rivelatorio producentesi un una strana struttura detta telesterion, molto diversa da ogni altra struttura esistente in Grecia e avente un ampio spazio aperto.
Molti dei più grandi poeti, filosofi e intellettuali della Grecia antica, nomi che vengono universalmente stimati per essere stati i fondatori della nostra cultura moderna, ricevettero l’iniziazione a Eleusi. Fra di essi, ci limitiamo a ricordare Aristotele, Platone e Sofocle.
La nostra cultura, che si proclama razionale e pragmatica, utilizza perciò i nomi dei suoi capostipiti in modo ristretto e deformato.
Tommaso Iorco, nel suo mirabile Alkesti, anzitutto restituisce a tutti noi una visione più completa, evocando e rivivificando gli antichi Misteri che stanno alla base dell’attuale cultura europea. E questo è, precisamente, uno dei compiti del poeta-veggente.

Gaia Ambrosini