Marilde Longeri

Il segreto dei Veda
di Sri Aurobindo

aria nuova edizioni

Marilde Longeri, poetessa, fa parte del team di traduttori
del libro Il segreto dei Veda di Sri Aurobindo.
A lei si deve anche la fondazione del primo
Istituto di Ricerche Evolutive italiano.

Crediamo che all’interno di un processo evolutivo sia più importante porsi domande e non insistere troppo su risposte che siano assolute. Non ci è data per ora la conoscenza totale e quindi è forse meglio affidarsi al dubbio e alla propria personale esperienza. Diciamo questo poiché chi avrà il privilegio di trovarsi di fronte al saggio del grande poeta e filosofo Sri Aurobindo, Il segreto dei Veda, si porrà forse molte domande del tipo “Perché mai dovrei affrontare un libro che discetta su testi indiani antichi che non appartengono alla mia cultura? Quale potrà essere il segreto dei Veda? Che attinenza possono avere i Veda con la mia vita di oggi che corre troppo frettolosa, spesso indifferente e ha come referente principale l’Occidente?”.
Sono evidentemente piccoli esempi e non ci sentiamo se non in forma trasversale di chiarire e esemplificare.
Sarà la forza stessa del libro di Sri Aurobindo, tradotto in italiano dal suo raffinato, cristallino e dotto inglese, a accompagnare il lettore in un viaggio che spazia dalla linguistica alla psicologia, dall’interpretazione degli Inni vedici scritti dai Rishi, i poeti veggenti dell’antica India (nostri progenitori) alla cosmogonia indiana, dai miti ai riti, dai simboli alla concretezza dei fatti che possono riguardare l’oggi e qui…
Va detto infatti che uno dei tanti meriti di Sri Aurobindo nell’analizzare l’essenza primeva degli Inni vedici che scintillano nel canto di una poesia altissima, è quello di aver saputo cogliere dentro l’intricato e solo apparentemente ‘nebuloso’ cammino dei Rishi la limpidezza degli intenti, la chiarezza del messaggio che volevano trasmettere a quella umanità che sarebbe venuta dopo.
Non a caso da sempre ci si riferisce ai Rishi quali poeti-veggenti. La parola sanscrita Kavi indica, infatti, il poeta e il veggente senza separazione alcuna. Per diretta conseguenza Sri Aurobindo ci restituisce i Veda rapportandoli alla nostra esistenza di oggi e creando un ponte davvero illuminante e nuovo fra Oriente e Occidente.
Il Rg Veda diviene così un testo moderno che ciascuno di noi potrà affrontare con una certa disinvoltura se spinto da sete di conoscenza, ampiezza di vedute, bisogno di avvicinarsi a poesia e filosofia ‘altre’ che non si conciliano con il canone usuale. E siamo ben felici che Il segreto dei Veda non appartenga a nessun canone, esca da ogni classificazione e non sia solo rinchiuso nel bel cassetto dorato degli accademici.
Gli inni vedici emanano vibrazioni sonore, ritmi, musica, colori. Per udire i canti dei Rishi che, secondo Sri Aurobindo, sono fra i più grandi poeti che la terra abbia mai creato, bisogna forse sintonizzarsi su un’altra frequenza interiore.
Una frequenza che attiene al sentire e al pensiero alti. Ma non dobbiamo supporre che la poesia vedica voli solo verso le alte vette: è per contro vera azione che dissolve molti veli e apre fenditure nella materia, nell’animo e nel corpo cristallizzati e vuoti dei “dormienti”, “dei morti viventi”, e cioè di tutti noi che abitiamo su questo pianeta assai vilipeso e violentato in tutte le forme.
Quei suoni, quelle parole incarnate ci incitano a un cambiamento radicale di coscienza. Con dolcezza ci narrano di un progresso di coscienza sistematico. Le note che emanano con diverse tonalità sembrano sincopare: “Svegliati. Svegliati, è ora…”
Nel corso della lettura incontreremo molti fra i principali Dei dell’India (I Deva, gli splendenti). Ma attenzione non si tratta di personificazioni di forze naturali o di esseri superiori dotati di poteri sovra-naturali. Dei superman dell’antichità. Attengono invece ai “simboli” pur essendo la manifestazione di una Unica Energia, di un Corpo e una Mente unici. Per i Rishi — ci narra Sri Aurobindo — il mondo non è mera illusione ma manifestazione della Forza Evolutiva in eterno divenire e i riti del sacrificio vedico non appartengono solo a azioni esteriori per propiziarsi le varie divinità ma sono insiti in ciascuno di noi che aspiriamo, stiamo stretti nella nostra pelle e cerchiamo di uscire dalla nostra puerile e misera visione.
Il dio Agni (il fuoco) per esempio è simbolo dell’aspirazione.
Se l’aspirazione non arde dentro di noi non potremo mai creare nulla. Ed è questo fuoco dell’aspirazione che brucia e divampa sull’altare del sacrificio vedico (nel senso di sacrum facere) che fornisce la possibilità all’essere umano di divenire sempre più vasto, captare la vera ondulatoria sinfonia e ciò che si nasconde dietro la presunta realtà.
Il sacrificio va inteso come viaggio, cammino, scoperta, percorso verso… la verità… Allo stesso tempo, Agni è anche il Guardiano del Sole, l’Immortale fra i mortali, mediatore fra la terra e il cielo e molto altro ancora… Questi molteplici volti degli dèi e i simboli che permeano la loro esistenza, valgono anche per la Divinità Aditi, la grande Madre degli Dei, la benefica coppia Varuna-Mitra, Soma (la gioia dell’estasi, il nettare divino che dona l’ebbrezza), Sarama (il segugio del cielo…), Vritra (il grande avversario, l’oscuratore che ruba agli uomini la verità e non vuole che essi si evolvano), Indra che con il suo potente fulmine trafigge la caverna tenebrosa dei Pani, libera le vacche luminose o sette sorelle (i fiumi), apportatrici di Luce dopo tanta oscurità… “Il Sole che dimora nell’oscurità”…
Anche qui assistiamo a una battaglia simbolica fra tutto ciò che vuole espandersi e vibrare e coloro che odiano il sole purificatore e vorrebbero lasciare sempre l’essere umano nelle acque putride dell’Ombra che spesso sembra sconfiggerci e vincere.
Sri Aurobindo ci conduce, passo dopo passo, nel vero segreto che il Veda nasconde e ci offre tutte le opportunità per afferrare i miti e le leggende, le verità, le sfumature psicologiche insiti nel testo.
Solo un poeta a sua volta veggente quale Sri Aurobindo poteva penetrare negli anfratti più remoti degli Inni che subirono nei secoli, sia da parte degli studiosi occidentali sia da parte di quelli indiani falsificazioni, mezze e ancor più temibili verità, molta approssimazione… e superficialità.
Per i Rishi e per Sri Aurobindo non esistono separazioni fra spirito e materia, fra alto e basso. Tutto è uno.
La separazione l’abbiamo creata noi umani con il nostro mentale spesso insensato che in parte appartiene ancora al rettile archetipo e primordiale…
Può essere che la realizzazione dei Rishi vedici sia già un fatto collettivo, nonostante i cadaveri che ci sovrastano, le guerre, i cataclismi naturali, il non senso che esce da tutte le parti, l’orrore esponenziale che scopriamo dentro e fuori di noi…
È forse bene non dare nulla per scontato e come “scienziati” analizzare le luminescenti possibilità che ci vengono offerte da altre culture dalle quali tutto proviene.
Sri Aurobindo, che si formò in Gran Bretagna, partecipò poi alle lotte per la liberazione dell’India e visse fino al 1950 a Pondichéry (Tamil Nadu), non appartiene solo alla sua nazione. È un cittadino del mondo. Coloro che leggeranno Il segreto dei Veda scopriranno la sua poliedrica vastità, la sua infinita cultura, la forza della sua filosofia, il suo humor, il lavoro titanico compiuto nella materia, nel subconscio e nel corpo.
Con lui si cammina e cammina non nelle facili ascesi, nei cieli che stanno lassù, nelle religioni che aborriva, nel misticismo ovvio e banale del quale oggi si abusa, costruendo così altre prigioni… ma nell’energia creatrice, in un qualcosa che ancora non conosciamo e che attiene a un’altra forma di consapevolezza…
E non è poca cosa.
Sri Aurobindo è uno spirito libero che non ha mai enunciato un dogma e ci lascia a nostra volta liberi di carpire Il Segreto nascosto prima di tutto in noi stessi.
Rivolgiamoci al “Pozzo di miele dentro la roccia”. Cerchiamo di svelare l’enigma vedico…
Forse qualche porta si aprirà e ci renderà più uniti, partecipi, più vicini al vero mondo e a quel “tutto” attorno a noi che solo apparentemente pensiamo di vedere e conoscere.

Marilde Longeri
Gennaio 2005